Dal vangelo di Giovanni (13, 1-15)
Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò.
Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all’altro, crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
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Durante l’azione liturgica riascolteremo l’intero racconto della passione secondo Giovanni (capp. 18 – 19). In questo momento di riflessione vogliamo soffermare l’attenzione sul momento culminante, ovvero la morte di Gesù.
Gesù ha compiuto l’opera per cui il Padre lo ha mandato, ora dalla cattedra della croce, impartisce l’ultima lezione prima di consegnare il suo spirito. Tutto è compiuto!
Come se non bastassero tutte le crudeltà subite, anche da morto è oltraggiato: “uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua”.
“E uscì dal fianco sangue ed acqua (cfr. Gv 19, 34). Carissimo, non passare troppo facilmente sopra a questo mistero. Ho ancora un altro significato mistico da spiegarti. Ho detto che quell’acqua e quel sangue sono simbolo del battesimo e dell’Eucaristia. Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti, da questo bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo per mezzo del Battesimo e dell’Eucaristia. E i simboli del Battesimo e dell’Eucaristia sono usciti dal costato. Quindi è dal suo costato che Cristo ha formato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu formata Eva” (S. Giovanni Crisostomo, Catech. 3, 13-19; SC 50, 174-177).
Attingere al cuore di Cristo dà speranza alla nostra vita
Il cuore di Cristo, squarciato dalla lancia, è la sorgente della nostra speranza. Per questo, papa Francesco, nella enciclica Dilexit nos, conclude con queste sublimi parole: “Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto, che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore aperto” (n.220).
Mettiamoci anche noi, come Maria e Giovanni, ai piedi della croce, non solo per rendere l’omaggio della devozione, quanto e soprattutto per lasciarci dissetare a questa fonte della salvezza. Quel cuore trafitto ci invita a lasciarci amare da lui e ad impegnarci ad amare gli altri.
“Perché ogni essere umano è stato creato anzitutto per l’amore, è fatto nelle sue fibre più profonde per amare ed essere amato” (ib. n. 21).
Don Roberto Strano