Palma d’oro alla Carriera, Marco Bellocchio, dopo il Taobuk Award fa incetta di Nastri D’Argento a Roma, ben sette premi con Rapito, durante l’edizione 2023. Il regista il 18 giugno, ha condotto a Taormina una Masterclass, insieme alla moglie Francesca Calvelli, nell’ambito della sezione che il festival del libro ha dedicato al cinema. Un viaggio nei meandri della regia e del montaggio cui ha potuto assistere il pubblico di Taobuk, scoprendo aneddoti inediti di un sodalizio autoriale ed affettivo.
Scrivere per immagini: Marco Bellocchio e Francesca Calvelli
Il Taobuk, festival che celebra la letteratura in relazione con le altre arti e le scienze ha ospitato una masterclass con il pluripremiato regista piacentino Marco Bellocchio. Società e immagine, individualità e immaginario. Da Vincere a Rapito, Bellocchio e Calvelli hanno posto un sigillo su visione e visionarietà. In “Scrivere per immagini”, il regista e la montatrice hanno messo a confronto due professioni indispensabili per la costruzione di un film, nel quale la direzione e il montaggio delle immagini girate corrono su uno stesso binario, creando una magia che abbatte le barriere per accogliere la visione dello spettatore.
Nelle loro opere, regia e montaggio sono il combinato disposto di una relazione cinematografica senza eguali, modellata da uno sguardo libero e indagatore. Questa masterclass dedicata al pubblico amante della Settima Arte ha permesso di entrare nell’universo visivo e visionario, capace di contemplare società e Storia. Declinare immagini e immaginario, imponendosi nel panorama audiovisivo internazionale. A moderare la conversazione, c’era Federico Pontiggia, giornalista e critico cinematografico della rivista Cinematografo e Il Fatto Quotidiano.
Tra dramma e libertà Bellocchio rilegge il caso Mortara in “Rapito”
Dopo il settimo David di Donatello vinto, il regista ci descrive in “Rapito” la triste vicenda, avvenuta in un passato che non è poi così remoto, in modo complessivamente corretto. Ci sono semplificazioni e ci si prende delle libertà interpretative quando si entra nei pensieri, nei sogni e negli incubi dei personaggi, ma si tratta di adattamenti inevitabili. Affrontando questioni quali il senso del sacramento dell’iniziazione cristiana, la sua materialità, il rapporto tra grazia e libertà, la distinzione tra comunità di fede e appartenenza civile, la fede stessa nell’amore di Dio per gli uomini. Dio, certamente, può scrivere diritto anche sulle linee storte: ma guai a chi, anche in nome Suo, strappa un bambino dalle braccia dei genitori.
Il caso Mortara, di cui tratta il film, è una vicenda su cui nel 1996 è stato pubblicato anche un libro, Prigioniero del Papa Re, di David Kertzer e, più recentemente, Il caso Mortara di Daniele Scalise, da cui è tratto il film. Poco prima che l’estensione dello Stato pontificio fosse ridotta drasticamente dall’Unità d’Italia, ancora sotto il dominio del “Papa Re“, Pio IX. Il piccolo ebreo Edgardo Mortara, fu battezzato di nascosto da una giovane domestica cattolica, in servizio presso la famiglia dei suoi genitori. Venutone a conoscenza, nel 1858 l’Inquisitore della città di Bologna ordinò di sottrarlo con la forza alla famiglia perché fosse educato cattolicamente. Pio IX approvò e resistette alle suppliche della famiglia, straziata dall’allontanamento del bambino. In seguito, Edgardo Mortara divenne sacerdote e si attivò per la conversione degli ebrei.
La libertà secondo Marco Bellocchio: da Giorno Notte ad Esterno Notte
Il caso Mortara si inserì in un clima sempre più permeato da principi di libertà politica, ideologica e religiosa. Tematiche ben note se parliamo della cinematografia di Bellocchio, il quale alla domanda del critico Pontiggia su cos’è la libertà secondo lui, risponde: “La libertà non è un concetto astratto, nel mio lunghissimo lavoro diventa pratica. Le libertà sono le storie e i principi che stanno dietro a ciò che hai da raccontare. Non è un conflitto aspro ma certamente una continua dialettica con immediati contrasti di quelle che sono le convenzioni della narrazione. Provare a trovare conformità e gusto a ciò che piace diventa un autocensurarsi. L’importante è non fermarsi. Mi auguro di avere ancora tempo per raccontare delle cose”.
Uno dei leitmotiv che Bellocchio esalta all’intero dei suoi ultimi lavori Esterno Notte e Rapito, è la prigionia, quella di Aldo Moro e di Edgardo Mortara. Questa riflessione sulla libertà passa anche dalla redenzione. C’è una profonda simmetria tra i due film. La libertà scandita a livello fisico e il discorso della religione sono tutti da riconiugare. Chi è davvero l’uomo libero? Il regista afferma: “Anch’io ho subito una violenza, da parte della mia educazione rigida cattolica”.
Il cinema come forma vitale
L’atterraggio delle immagini sullo schermo raffigura la parola: eidos, forma. Questi sono i film, questa è anche la libertà, le serie e le altre declinazioni cinematografiche. Forme sperabilmente durevoli, dove fissare un segno linguistico: la scrittura per immagini e suoni. Una creazione artistica, una realizzazione industriale, una fruizione collettiva. Scrivere per immagini e, dunque, leggere per immagini. Disciplina ontologica, pratica antropologica, poco studiata. Come leggiamo le immagini in cui viviamo e quale alfabetizzazione ci è richiesta? Si può scrivere qualcosa che non venga letto? Si può leggere qualcosa che non venga scritto? Ed ecco irrompere la dimensione popolare dell’audiovisivo, la sua necessità di pubblico, quindi l’imperativo di “farsi vedere”, l’urgenza di “essere visto”.
Ma non è un rapporto a senso unico. Ci sono convergenze parallele iscritte, sullo schermo tra il film che si proietta e lo spettatore che proietta sé stesso. Realizzazione e visione, scrittura e lettura: il combinato disposto tra arte e vita. Taobuk nella sua tredicesima edizione dedica all’audiovisivo uno spazio importante, nella consapevolezza che la testualità è in costante evoluzione, e che scrivere, su schermo come altrove, è vivere. I pluripremiati Marco Bellocchio, regista e sceneggiatore, e Francesca Calvelli, montatrice, consegnano a Taobuk una relazione che ha declinato sul palcoscenico nazionale e internazionale un’istanza autoriale all’unisono.
Giuliana Aglio