Teatro / Il 29 maggio a Giarre si rappresenta “Sciura” di Lucia Brischetto: contro ogni violenza sulle donne

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Lucia Brischetto tra M. Tomarchio e M. Acagnino

Ottima scelta quella di inserire, nel programma delle manifestazioni che celebrano il decennale dell’istituzione del liceo delle Scienze umane a Giarre, la rappresentazione –il 29 maggio all’Amari- di “Sciura: storia di una donna violata tra colpe e silenzi” tratta dall’omonimo libro di Lucia Brischetto, già proposta tanti anni fa a Giarre ed in decine di teatri di tutta Italia, con protagoniste grande livello quali Isabel Russinova, Barbara Bovoli, la sicilianissima Maria Rita Leotta e persino Serena Grandi in un personaggio del dramma.

Lucia Brischetto tra M. Tomarchio e M. Acagnino
Lucia Brischetto tra M. Tomarchio e M. Acagnino

“L’emarginazione delle donne nel carcere, siano esse detenute od operatrici sociali -ci spiega la Brischetto, per anni operatrice nel mondo carcerario, esperta del tribunale di sorveglianza, magistrato onorario e titolare di decine di incarichi in materia – presenta caratteristiche che vanno ricercate nella struttura stessa delle carceri, sorte per ospitare detenuti ed operatori sociali maschi.  Sciura è un’opera contro l’indifferenza e la violenza alle donne –tiene a precisare l’autrice- si pone a difesa dell’infanzia e della legalità ed a sostegno del carcere paradossalmente educativo”.

corretta Sciura a Piedimonte (512 x 310)La Brischetto con “Sciura” ha infatti sintetizzato la sua esperienza a contatto con i detenuti scrivendo un libro che racconta la storia di dieci donne che hanno ucciso.

Ecco allora che l’opera teatrale diventa occasione, per una donna condannata a tantissimi anni di reclusione, di riflettere a lungo e riscoprire il proprio essere, tra speranze e paure.

La violenza e la sopraffazione che porteranno la protagonista in carcere è lenita dall’incontro con un’operatrice sociale che riesce a cogliere in lei, addirittura, una portatrice di valori e sentimenti, restituendole un’immagine ed una dignità che forse non aveva mai avuto, sottolineata dal perdono da un lato dato e dall’altro chiesto.
Particolarmente suggestivo questo pensiero della “Sciura”:
“Non criticatemi perché ho ucciso, per questo la legge mi ha giudicato e condannato, esaminate i fatti della mia vita e, se potete, assolvetemi, così come hanno fatto e saputo fare i miei figli e gli operatori penitenziari che ho incontrato”.

 Mario Vitale

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