Teatro / Il grande Branciaroli approda allo Stabile di Catania con “Enrico IV” di Pirandello

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CENTRO TEATRALE BRESCIANO ENRICO IVIl grande Franco Branciaroli approda al Teatro Stabile di Catania con “Enrico IV” di Luigi Pirandello, un classico della drammaturgia del Novecento, di cui è regista e interprete.

L’appuntamento per il Teatro Stabile di Catania è alla Sala Verga dal 27 gennaio al 1° febbraio.

Branciaroli affronta una pietra miliare della poetica pirandelliana, che porta in scena i grandi temi della maschera, dell’umorismo, dell’identità tra forma e vita, evidenziando nel contempo la contraddittorietà tragicomica dell’esistenza umana.

 

Considerato – insieme a “Sei personaggi in cerca di autore” – il capolavoro teatrale di Pirandello, “Enrico IV” è uno studio sul significato della pazzia e sul tema caro all’autore del rapporto, complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità, come si evince in una lettera che l’autore inviò a Ruggero Ruggeri, uno degli attori più noti dell’epoca, raccontagli la trama e concludendo che vede in lui il solo attore in grado d’interpretare e dare corpo e anima al ruolo del titolo.

Scrive infatti: «Circa vent’anni addietro, alcuni giovani signori e signore dell’aristocrazia pensarono di fare per loro diletto, in tempo di carnevale, una “cavalcata in costume” in una villa patrizia: ciascuno di quei signori s’era scelto un personaggio storico, re o principe, da figurare con la sua dama accanto, regina o principessa, sul cavallo bardato secondo i costumi dell’epoca. Uno di questi signori s’era scelto il personaggio di Enrico IV; e per rappresentarlo il meglio possibile, s’era dato la pena e il tormento d’uno studio intensissimo, minuzioso e preciso, che lo aveva per circa un mese ossessionato. (…) Senza falsa modestia, l’argomento mi pare degno di Lei e della potenza della Sua arte».

 

Il protagonista, del quale magistralmente non ci viene mai svelato il vero nome, quasi a fissarlo nella sua identità fittizia, è descritto minuziosamente da Pirandello. Enrico è vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma dell’impossibilità di adeguarsi ad una realtà che non gli si confà più, stritolato nel modo di intendere la vita di chi gli sta intorno e sceglie quindi di “interpretare” il ruolo fisso del pazzo.

 

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