Anche quest’anno, in occasione del Natale, quattro giovani detenuti del carcere di Giarre, hanno ottenuto un premio speciale e, accompagnati da alcuni operatori del penitenziario, sono andati in visita nella sede vescovile e porgere gli auguri al Vescovo, Monsignor Antonino Raspanti.
Poter beneficiare di una mattinata di libertà, fuori dalle inferriate e – come buoni e bravi figlioli – porgere gli auguri al Vescovo e conversare con lui, parlando dei loro progetti e delle loro sofferenze, è stata un’esperienza ricca di emozioni e carica di emozioni. Ma è stata anche un’occasione per invitare il Vescovo a condividere con loro un pranzo speciale in un tempo speciale, qual é il tempo natalizio.
Il Vescovo ha accolto l’invito e oggi si è realizzato il banchetto. Tutto il carcere si è messo all’opera, dal direttore agli operatori tutti e ognuno degli ospiti del reclusorio ha fatto la sua parte.
I cuochi hanno cucinato e servito a tavola distinguendosi con i loro grembiuli e cuffie speciali, ma l’addobbo dell’unica sala pranzo, la collaborazione al servizio a tavola e perfino la sedia o lo sgabello su cui sedersi, è stato frutto della collaborazione di ciascuno; nessuno è rimasto senza far nulla.
Appena giunto nel reclusorio, il Vescovo ha visitato le varie celle e salutato tutti individualmente, consentendo ad alcuni colloqui spontanei. Così, si è creato un clima di famiglia. I detenuti, giovani per la maggior parte di loro, parecchi meno che trentenni e solo qualcuno ultracinquantenne, hanno presto dato vita ad un’atmosfera di festa e di amicizia.
Con la lettura di alcune pagine lette da un piccolo gruppo, i giovani hanno trasmesso ai presenti un messaggio di bellezza della vita e della bontà di essa, invitando e sottolineando come l’amore e la fratellanza siano strumenti indispensabili per una vita sana, dignitosa e bella.
Sono così iniziati gli applausi e il clima si è arricchito di voci vivaci ed allegre dove hanno trovato luogo, oltre ai cibi squisiti, tanti baci ed abbracci e perfino sonore risate.
Insomma, una giornata non solo da non dimenticare, ma da ripetere. Perché restare umani è sempre una realtà divina anche per chi non lo sa.
Teresa Scaravilli