“Cristo sia luce per i tanti bambini che patiscono la guerra e i conflitti in
Medio Oriente e in vari Paesi del mondo. Sia conforto per l’amato popolo
siriano che ancora non vede la fine delle ostilità che hanno lacerato il Paese
in questo decennio. Scuota le coscienze degli uomini di buona volontà. Ispiri i
governanti e la comunità internazionale a trovare soluzioni che garantiscano la
sicurezza e la convivenza pacifica dei popoli della Regione e ponga fine alle
loro sofferenze. Sia sostegno per il popolo libanese, perché possa uscire
dall’attuale crisi e riscopra la sua vocazione ad essere un messaggio di
libertà e di armoniosa coesistenza per tutti”.
Lo ha detto Papa Francesco nel tradizionale messaggio natalizio ai fedeli presenti in piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione prima di impartire la Benedizione “Urbi et Orbi”. “Il Signore Gesù sia luce per la Terra Santa dov’Egli è nato, Salvatore dell’uomo, e dove continua l’attesa di tanti che, pur nella fatica ma senza sfiduciarsi, aspettano giorni di pace, di sicurezza e di prosperità. Sia consolazione per l’Iraq, attraversato da tensioni sociali, e per lo Yemen, provato da una grave crisi umanitaria”, ha aggiunto: “Sia speranza il piccolo Bambino di Betlemme per tutto il Continente americano, in cui diverse Nazioni stanno attraversando una stagione di sommovimenti sociali e politici. Rinfranchi il caro popolo venezuelano, lungamente provato da tensioni politiche e sociali e non gli faccia mancare l’aiuto di cui abbisogna. Benedica gli sforzi di quanti si stanno prodigando per favorire la giustizia e la riconciliazione e si adoperano per superare le varie crisi e le tante forme di povertà che offendono la dignità di ogni persona”.
Quindi il Santo Padre si è soffermato sulla “cara Ucraina”, che “ambisce a soluzioni concrete per una pace duratura”. “Il Signore che è nato sia luce per i popoli dell’Africa, dove perdurano situazioni sociali e politiche che spesso costringono le persone ad emigrare, privandole di una casa e di una famiglia. Sia pace per la popolazione che vive nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, martoriata da persistenti conflitti. Sia conforto per quanti patiscono a causa delle violenze, delle calamità naturali o delle emergenze sanitarie. Sia conforto a quanti sono perseguitati a causa della loro fede religiosa – ha ribadito -, specialmente i missionari e i fedeli rapiti, e a quanti cadono vittime di attacchi da parte di gruppi estremisti, soprattutto in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria”.
Il Sommo Pontefice è tornato su uno dei temi a lui più cari, quello dei migranti: “Il Figlio di Dio, disceso dal Cielo sulla terra – ha detto, tra l’altro -, sia difesa e sostegno per quanti, a causa di queste ed altre ingiustizie, devono emigrare nella speranza di una vita sicura. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e mari, trasformati in cimiteri. È l’ingiustizia che li costringe a subire abusi indicibili, schiavitù di ogni tipo e torture in campi di detenzione disumani. È l’ingiustizia che li respinge da luoghi dove potrebbero avere la speranza di una vita degna e fa loro trovare muri di indifferenza”.
Ed ancora: “L’Emmanuele sia luce per tutta l’umanità ferita. Sciolga il nostro cuore spesso indurito ed egoista e ci renda strumenti del suo amore. Attraverso i nostri poveri volti, doni il suo sorriso ai bambini di tutto il mondo: a quelli abbandonati e a quelli che hanno subito violenze. Attraverso le nostre deboli braccia, vesta i poveri che non hanno di che coprirsi, dia il pane agli affamati, curi gli infermi. Per la nostra fragile compagnia – ha concluso Francesco -, sia vicino alle persone anziane e a quelle sole, ai migranti e agli emarginati. In questo giorno di festa, doni a tutti la sua tenerezza e rischiari le tenebre di questo mondo”.
R. B.