Fratel Leonardo Grasso è il responsabile della Tenda di San Camillo che si trova a Guardia sulla SS. 114 per Riposto.In questa struttura vengono accolti i malati terminali di AIDS che a causa della loro malattia vengono abbandonati a se stessi dalle loro famiglie e anche da tutta la collettività che continua a conservare molti pregiudizi nei loro confronti. Fratel Leonardo mi riceve in cucina, con estrema familiarità, e mentre è intento a preparare il pranzo mi racconta la sua esperienza in questi anni di servizio a contatto con le persone più emarginate della nostra società.
“La realtà della Tenda di san Camillo è sorta nel febbraio del 1993. Io ne sono il responsabile dal maggio del 1996 – spiega fratel Leonardo. Attualmente vivono con noi una donna da oltre 18 anni, un uomo da 11 anni, un altro da circa 3 anni, una donna da circa due mesi, con il suo bambino che è sano; aspettiamo altri due ammalati: uno di colore e uno italiano che arriveranno appena la Questura darà l’autorizzazione ad accoglierli. Trovano posto qui da noi preferibilmente i malati terminali che non vengono curati da nessuno. Qui, poi, chi sta meglio aiuta chi sta peggio, come in una famiglia. Io mi occupo della cucina e dell’igiene della biancheria. Poi c’è un assistente che si occupa dell’esterno, della farmacia, dell’ospedale e di fare la spesa nei supermercati. C’è una signora che giornalmente viene qui e cura l’igiene della casa, delle stanze. Non siamo convenzionati con nessuna istituzione pubblica e viviamo di carità.”
“Uno dei contributi maggiori – continua fratel Leonardo- ci viene dato dalla Diocesi, dai fondi 8×1000 e questo ci aiuta a sopravvivere, tutto il resto viene dalla carità di qualche benefattore e poi dal nostro ordine religioso. Nei confronti dei malati di AIDS c’è ancora diffidenza perché si pensa che vengono dalla prostituzione, dalla droga, insomma, che se la sono cercata… Fortunatamente noi abbiamo tutto il clero della Diocesi, ma anche di fuori Diocesi, che ci assiste, sia spiritualmente sia economicamente, e di questo noi siamo grati, perché è l’unica risorsa che arriva qui”.
“Viviamo di carità- dice fratel Leonardo- e quindi bisogna essere anche accorti nel non fare sprechi e nel cucinare cose che non facciano male. La maggior parte di loro ha dei problemi al fegato o sono diabetici.” “Vengono accolti i malati qualunque sia la loro religione, per noi non c’è nessuna differenza tra musulmani, buddisti o cristiani, naturalmente non obblighiamo a partecipare alle nostre funzioni religiose e nello stesso tempo non desideriamo che ci limitino nel rispetto e nella libertà”. “I volontari che vengono qui, noi li chiamiamo amici –dice ancora Fratel Leonardo- ma sono pochi. Il volontariato sporadico a noi non serve, perché sarebbe una invasione della privacy e dato il tipo di malattia particolare, chi sta qui ha una certa difficoltà a relazionarsi”.
Fratel Leonardo ha assistito fino alla morte tanti che hanno vissuto alla Tenda “una delle perdite più dolorose- ci ha detto- è stata la morte di Pinuccia avvenuta il 25 maggio di quest’anno dopo 18 anni di residenza qui. Era la più esplicita nel raccontare la sua esperienza di vita, la più semplice, la più in gamba dal punto di vista relazionale. Ha lasciato davvero un vuoto – conclude fratel Leonardo- perché dava armonia a questa casa e col suo modo di fare, di parlare, riusciva a fare da collante anche con gli altri ospiti della casa”.Vedere con quanta cura e dedizione fratel Leonardo si occupa degli ammalati è davvero un segno di speranza. Continuiamo dunque a dare il nostro contributo perché chi è animato da tanta carità e tanto coraggio possa continuare a svolgere il suo prezioso servizio.
Laura Pugliatti