“Mamma, ogni volta che una di voi lascia un figlio prete, da solo, si fa il deserto, ma una Messa diventa più completa. La fede, la tua preghiera, il ricordo, il tuo stare silenziosa e dolce accanto a me, ogni giorno, mi daranno la forza ancora di tornare a casa, la sera, senza trovarti, con lo stesso bisogno di dirti che sono stato prete …. Continua ancora a pregare e chiedi al Signore che tutti coloro che incontreranno tuo figlio sacerdote, siano arricchiti per questa tua preghiera. Mamma, stammi vicina, resta con noi, con tutti quelli che hai amato e che ti hanno pianto, perché tu sia madre ancora, sempre, sino al giorno in cui ci rivedremo”.
Così scriveva don Claudio Sorgi, nell’ultimo capitolo del suo libro “Faccia da prete”, nel 1978. Queste parole mi sento di condividere in questo momento in cui avverto la verità di esse. Per una sua scelta personale mia madre, pur essendo circondata dall’affetto dei miei fratelli e di mia sorella, decise, dopo la morte di papà, di seguirmi. Lasciò la sua casa, la Città dove aveva vissuta e venne dapprima a Tagliaborsa, poi a Giarre e infine ad Acireale. E’ stata la mia “Perpetua”, ma non come quella descritta da Manzoni nei Promessi Sposi, una Perpetua silenziosa e discreta. Mai si è intromessa nella vita della Parrocchia, inserendosi in essa senza privilegio alcuno, non pretendendo nessun riguardo. E’ stata una donna di preghiera, la corona del Santo Rosario è stata la compagna quotidiana dei tanti momenti, al di fuori di quelli “ufficiali”, che accompagnavano la sua giornata. Nella malattia e nella sofferenza ha intensificato tutto questo. Amava la convivialità e con grande gioia era pronta a caricarsi il peso di un pranzo o di una cena per quanti, soprattutto Sacerdoti venivano da me invitati. La quotidiana partecipazione all’Eucarestia, l’incontro con il sacramentato Signore (fino a poche ore dalla morte), irrobustivano la sua fede e le davano la carica per affrontare quanto ha dovuto sopportare con cristiana pazienza, in ordine a dolori e sofferenze. E’ stata “Maestra” non solo il suo insegnamento nelle scuole elementari, ma soprattutto nella vita. Si è preparata e ci ha preparati alla morte, con una visione gioiosa di essa, certa che la morte introduceva nel mistero grande di Dio e nell’eternità beata.
Non voglio scrivere oltre per evitare, inevitabilmente, di enfatizzare la sua figura. Concludo, con le stesse parole pronunziate a conclusione dell’omelia, durante la messa esequiale, lo scorso 8 settembre: “Cara mamma, nel giorno del tuo onomastico mentre ti porgiamo gli auguri ti diciamo grazie per ciò che sei stata! Grazie del tuo amore e della tua tenerezza, della tua presenza tra noi, dell’esempio che ci hai offerto, della testimonianza per l’accettazione serena della sofferenza, per esserti interamente donata. Guardaci dal cielo, spronaci come facevi in vita e se il caso continua a rimproverarci, perché una madre vera non vizia ma educa, e tu sei stata una educatrice encomiabile. Parla di noi al buon Dio, intercedi per le nostre necessità. Nell’attesa del nostro ultimo e definitivo incontro, oggi con gli occhi pieni di lacrime non ti diciamo “addio”, ma arrivederci; si arrivederci in Paradiso dove con la Vergine Maria, da te tanto invocata con la recita quotidiana del Santo Rosario e con tutti i Santi, canteremo in eterno l’amore del Signore. Riposa in pace. Amen.”
Don Roberto Strano