Testimonianze su Papa Francesco – 7 / Un grande esempio per tutti, cattolici e non

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Francesco

La notizia – inattesa e fulminante – della scomparsa di Papa Francesco, nonostante i timidi segni di ripresa dall’infermità dopo il congedo dal lungo soggiorno al “Gemelli”, le appropriate cure mediche  somministrategli, e le preghiere elevate da tutti noi, ha colpito fortemente tutti nello spirito. E lascia il cupo sconforto, la profonda commozione e certamente l’intenso dolore personale. Peraltro inesprimibile con semplici espressioni di cordoglio.

Il dolore universale di tutta la Chiesa e del Mondo

La perdita, dunque, per la Chiesa ed anche personale, per ciascun credente, è profonda e schiacciante. E la perdita per il mondo – in quanto punto insuperabile di riferimento spirituale e morale – incalcolabile e travolgente. Per la Chiesa cattolica, come per tutto il mondo, il futuro, senza la guida di Papa Francesco, non sarà più come prima. Il Santo Padre ha impersonato indubbiamente l’esempio dell’intelligenza e della vitalità, del coraggio e della speranza. Tutti spesi nel soccorso e nel sostegno al prossimo, ovunque si trovasse e qualunque condizione sociale conducesse.

Il prossimo in cui si rispecchiava Dio stesso doveva (e deve in ogni caso) avere il sostegno della Chiesa e non smarrire, di conseguenza, attraverso tale sostegno, la speranza in una vita migliore nell’avvenire. “Non abbiate paura della bontà e neanche della tenerezza!”. Anche a dispetto di una precaria e presente condizione sociale. La Chiesa, dunque, con Papa Francesco, forte àncora di salvataggio per gli ultimi. Per i più deboli e indifesi il Papa si è speso fino all’ultimo.

Foto Agensir

Papa Francesco, figlio d’immigrati

Figlio d’immigrati italiani, che dal Piemonte (Asti) si erano trasferiti in Argentina, Jorge Mario Bergoglio, pur provenendo non da famiglia povera, ma dalla Middle Class, non conosceva certo il lusso e i sostegni di una vita agiata. Fin dalla sua giovane età aveva assistito a tutti i rivolgimenti e mutamenti, storici e politici, che si susseguirono in Argentina. Ed aveva intrapreso molte lotte spirituali e morali, prima di rispondere alla chiamata di Dio, abbracciando la vita religiosa e il ministero sacerdotale.

Infatti, in un primo tempo, collaborava in un laboratorio di chimica. Ma, quel lavoro non lo soddisfaceva del tutto. Vedeva la condizione degli immigrati nel suo Paese, constatava la condizione dei poveri nelle baracche e sognava di dover fare qualcosa per loro, come persona e come cattolico. Da quell’esperienza maturata dentro a livello spirituale scaturì l’argomento cardine della sua filosofia spirituale: “Per gli immigrati si creino ponti e non s’innalzino muri!”.

Il primo viaggio da Papa a Lampedusa (luglio 2013)

In rapporto a quello, dunque assai significativa fu la scelta di Papa Bergoglio del suo primo viaggio oltre Roma, proprio a Lampedusa, nella terra del primo accesso dei migranti. Là, in quell’occasione, pose un importante segno di affetto e vicinanza ai poveri, come categoria meritevole di pensiero, di assistenza, di adeguata considerazione morale e spirituale. Un’importante svolta della Chiesa di Papa Francesco: la visita agli ultimi. Una illuminazione che aveva già avuto come sacerdote a Buenos Aires. Nella capitale argentina, il problema degli indigenti era particolarmente esteso e grave. Jorge Mario Bergoglio lo affrontò come Pastore della Chiesa Argentina.

Bergoglio contro la dittatura dei generali

Infatti, in Argentina, e proprio là, le contraddizioni sociali erano laceranti e terribili. Al Peronismo di Juan Domingo si era, infatti, sostituito il regime di destra dei generali. Che incarceravano gli oppositori, li sottoponevano a gravi e inenarrabili torture, e poi li facevano scomparire nel nulla scaricandoli a mare dall’alto di aerei o elicotteri.

La Chiesa argentina lottò con Bergoglio per poter difendere almeno i suoi diritti spirituali. Ed al fine di poter contestare pienamente quel regime illiberale ed assassino. Il futuro Papa Bergoglio lo fece con forza e coraggio. Con lo stesso spirito difese la missione pastorale dei confratelli, a soccorso dei poveri dei sobborghi indigenti e confinati in sistemi di vita inadeguati ed inimmaginabili.

Dunque, al momento dell’elezione a Papa, l’arcivescovo di Buenos Aires portava con sé una ricca esperienza spirituale e morale allo stesso tempo, che rendeva la sua elezione a Papa certamente possibile e plausibile, tra tutti i successori del dimissionario Benedetto XVI. Il secondo Papa, a “fare il gran rifiuto”, dopo Celestino V.

Foto Agensir

“Mi chiamerò Francesco!”

Dunque, l’Arcivescovo di Buenos Aires, Cardinale Bergoglio, aveva tutti i requisiti, culturali e di esperienza spirituale, necessari per essere eletto Papa e succedere a Benedetto XVI. Sotto questo profilo, l’elezione non fu certo una sorpresa. Anche se l’illustre successore di S. Pietro commentò: “Un Papa venuto dalla fine del mondo!“.
Se, dunque, la sua scelta non fu affatto una sorpresa, all’interno del Sacro Collegio, a ben vedere, neppure le scelte del Pontificato di Papa Bergoglio lo sarebbero state. Non lo potevano essere in quanto non contrastavano affatto con la sua personalità spirituale, con il suo modo di mettersi in relazione con gli altri, con la sua fede in Dio attraverso il soccorso agli altri. Perché con quello avrebbe portato la speranza. Ed allora, solo allora, la Chiesa avrebbe realizzato la piena misericordia.

Le scelte operate da Papa Francesco – che forse hanno dato motivi di discussione all’interno della Chiesa – a ben vedere, non sono affatto scelte “rivoluzionarie” rispetto ai suoi predecessori. Il sacramento della riconciliazione verso i coniugi separati o addirittura divorziati, è stato in perfetta linea con la missione della Chiesa del nuovo millennio. E, soprattutto, in linea con la Chiesa del Concilio. Fu proprio Papa Roncalli che parlò di condanna dell’errore e non certo dell’errante. C’era già nel Concilio il seme della scelta di Papa Bergoglio. La misericordia è l’apertura, da parte della Chiesa, delle porte a tutti i credenti. Nessuno dovrebbe essere o ritenersi escluso.

Papa Francesco contro la guerra, come crimine in sé

Papa Francesco si è significativamente impegnato – in tutti i 12 anni del Pontificato – per sedare i conflitti che spuntavano continuamente in ogni parte del mondo. Non si è solo battuto contro la guerra. Ha condannato con forza e più volte il mercato delle armi. Che sottrae risorse importanti meglio indirizzabili, invece, al soccorso dei popoli poveri.
Un po’ come l’esortazione dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini: “Si svuotino gli arsenali e si riempiano i granai!”. Fatto facile a dirsi, ma difficile da realizzare.

Bene, Papa Francesco ne ha davvero e coraggiosamente fatto un argomento costante delle sue omelìe. E dei suoi discorsi importanti ai fedeli. E tutto questo ha segnato una importante testimonianza che il Santo Padre ha voluto lasciare agli storici contemporanei ed ai successivi. Perché lo ha fatto?
Intanto ha voluto dare inequivocabilmente prova che la Chiesa non può distinguere tra guerre giuste ed ingiuste. Le guerre sono sempre un mezzo da bandire nella soluzione delle controversie internazionali. Non esiste un tipo di guerra, anche se la Chiesa ammette il diritto alla difesa e, quindi, di rispondere alla guerra. Esiste solo ed esclusivamente la guerra, con tutto ciò che di barbaro e disumano porta con sé. Pertanto va comunque condannata. Sempre e comunque.

Foto Agensir

Da qui, la sua preoccupazione per “la guerra mondiale a pezzi” odierna. Da qui, la necessità di voltar pagina sui concetti di guerra legittima e non legittima e di dover necessariamente ritornare alla Pacem in Terris di Papa Roncalli. L’Enciclica infatti condannava la guerra per il carattere distruttivo ed inimmaginabile che riveste in sé. E per l’orrendo “dominio” dell’uomo sull’uomo che predica e permette una immoralità indicibile.
Il riferimento alla “Pacem in Terris” di Papa Giovanni XXIII, oggi Santo, accomuna i due Pontefici dal punto di vista storico. E li accomuna, in quanto rimette la Chiesa sul sentiero giovanneo, attraverso proprio Papa Francesco. Per qualunque suo successore, sarà difficile discostarsi da questo sentiero, ora dei due grandi Papi.

La coerenza ed il coraggio con i quali Papa Francesco si è fattivamente impegnato in tutti i modi contro le guerre, vanno particolarmente sottolineati.
L’altro grande tema dibattuto dal Santo Padre venuto improvvisamente a mancare, quello della condanna morale al capitalismo selvaggio e predatore, è in linea perfetta con l’insegnamento dei suoi predecessori.
Tuttavia, con Papa Francesco l’ammonimento ecologico ed alla salvaguardia dell’ecosistema è stato – se così ci si può esprimere – più urgente, pressante e sistematico. Partendo dalla tutela delle foreste dell’Amazzonia, immenso polmone del globo, esso si è diffuso per tutto il pianeta, con tutto il peso del carismatico messaggio proposto e prodotto da Sua Santità, Papa Francesco.

L’eredità di Papa Francesco

Bergoglio, lascia dunque alla Chiesa del terzo millennio un forte ed importante contributo, spirituale, morale e dottrinario, di cui inevitabilmente sarà difficile fare a meno per qualsiasi suo successore. E, mentre forse è immaginabile che il Santo Padre abbia potuto rivedersi negli ultimi giorni della sua vita terrena come San Paolo e nella stessa definizione che il Santo martire di Tarso pronunciò: “Ho combattuto la mia buona battaglia, ho terminato la mia corsa ed ho conservato la fede”, resta d’ora in avanti per tutto il popolo di Dio – cioè per tutti i fedeli – l’imperativo categorico di difendere la fedeltà al suo insegnamento ed ai suoi valori spirituali e morali.

Resta ai fedeli l’imperativo categorico della preservazione della fede, secondo l’insegnamento di Papa Francesco. Per non disperdere il suo lascito che vede la Chiesa del terzo millennio in linea ed all’altezza delle domande di rinnovamento. A cui Papa Francesco ha inequivocabilmente dimostrato di saper rispondere con intelligenza, coraggio, equilibrio e saggezza.

Sebastiano Catalano