Il Beato Giustino Russolillo, fondatore dei Vocazionisti, di cui il Santo Padre Francesco ha annunciato lo scorso ottobre la canonizzazione, amava ripetere che “Tutti i Santi sono poeti”. Questa frase mi è sempre risuonata (in questi giorni ancor di più), ogni qualvolta Monsignor Pio Vigo, mi omaggiava di un suo libro di poesie o, in questi ultimi mesi, li allegava come messaggi mattutini.
Che Monsignor Vigo fosse un “uomo di Dio” lo si intuiva al primo sguardo. Traspariva dalle sue parole, dai suoi gesti, dalla sua carità e dalla sua umanità. L’incontro con lui, anche il più semplice e apparentemente banale, lasciava il segno.
Non amava i grandi progetti pastorali, ma ne teneva uno nel cuore, il progetto assegnato da San Giovanni Paolo II, al termine del Giubileo del 2000: “Ripartire da Cristo, indicando la misura alta della vita cristiana” (Novo millennio ineunte). Da questo, grande, progetto, scaturiva la sua immensa carità pastorale, che traspariva dalle Lettere alla Chiesa diocesana nei periodi che segnavano i momenti forti dell’anno: inizio dell’anno pastorale, avvento e quaresima.
La carità pastorale di monsignor Vigo
La carità pastorale di Monsignor Vigo, non si limitava alla Diocesi, ma allargava gli orizzonti alla Chiesa universale. Da qui scaturiva il suo impegno alle Missioni, di cui mi ha reso partecipe e di cui gli sarò eternamente grato. Era una carità pastorale vissuta “in simplicitate cordis” (il suo motto episcopale). E di questa semplicità ne fece un così arduo programma di vita, che lasciando la Diocesi, ad un giornalista che gli chiedeva come gli sarebbe piaciuto essere ricordato, rispose: “Vorrei che si ricordino l’invito alla semplicità e alla disponibilità per aiutare chi ha bisogno, senza calcolare il disagio personale nell’aiuto” ( https://www.vdj.it/intervista-a-mons-vigo-ricordatemi-per-la-semplicita/ ).
Anche nei suoi versi traspare questa carità pastorale semplice, ne leggiamo alcuni: “Non spegnete quel fuoco venuto dall’alto: è dono pasquale; allargate piuttosto con le braccia il vostro cuore impigrito; e lasciatevi possedere dalla fiamma” (Splendore che non si consuma, in Come un raggio di sole …, pag. 89). “Non saremo più soli nei sentieri della montagna: sorretti dal cibo della pace il nostro vivere diventa amore” ( Alla stessa mensa, in Mani cariche di canto, pag. 19). “Riversa nel nostro animo la grazia della tua fedeltà e aiutaci a non impoverire il messaggio che ci arde nel cuore ed a essere capaci di farlo intravedere incarnato nel nostro modo di parlare e di vivere “ (Riempita di infinito, in Prestami la cetra, pag.121).
Monsignor Vigo si spendeva per tutti
Quello che colpiva in monsignor Vigo era la passione e lo zelo con cui faceva ogni cosa. Nulla per lui era banale, ogni cosa assumeva un aspetto importante, anche quando l’iniziativa poteva non rientrare nella sfera propria di un Vescovo. Da qui scaturiva il suo indefesso impegno a voler accontentare tutti. Un giorno, il Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Acireale, dott. Massimo Ribaudo, mi disse: “Oggi sono stato in tre cerimonie istituzionali e in tutte e tre c’era il Vescovo. Non ho mai visto nessun ecclesiastico così attento al territorio, anche se così schivo di apparire”.
Da questo scaturivano le sue continue esortazioni, soprattutto ai Sacerdoti, di vivere appieno il ministero “tra” la gente. Tutte le sue poesie cantano di questi incontri, con i piccoli, con i poveri, con gli scartati, con la Città, con la sua Chiesa: “Imparerò a ritmare ogni giorno le parole, i gesti e il cammino con la danza che nasce dalla gioia; e lascerò trasparire dal mio volto quel fuoco che il tuo sguardo ha acceso nel mio cuore” (Vorrei essere canto, in E’ sorpresa la luce, pag. 189). “Non mi fare stancare nel servizio: il terreno va dissodato interamente e l’acqua dovrà rendere le radici capaci di saper scegliere i Sali che fanno crescere” (Dammi un raggio di te, in Oltre il silenzio, pag. 91). “ Mi viene incontro col cuore dilatato dagli orizzonti del mare … Quanti la visitano restano incantati dalle parole di gioia che canta per i suoi figli … E’ bella e dolce la mia Chiesa” (Chiamato alle nozze, in Scintille di gioia, pag. 46).
La profonda umanità di monsignor Vigo
Monsignor Vigo aveva una carica umana unica. Era capace di gioire e ridere senza freno, così come di commuoversi e piangere senza inibizione. Soprattutto davanti al mistero della morte assumeva questo ultimo atteggiamento. Quanti funerali di Sacerdoti sono iniziati e finiti con il pianto del Vescovo. Le sue lacrime erano il segno del dolore del distacco, ma portava con sé quella certezza di eternità, scaturita dal mistero pasquale di Cristo: “Morire, gli dissi, è l’unica arte di amare” (Gocce di vita donata, in Ancora è giorno, pag.20). “Dal sorridere arruffato della terra nuova nasceva l’ultimo canto: per me morire è vittoria” (Secca agonia di pietra, in Ancora è giorno, pag. 22). “L’Eterno dalle mani infinite mi ha accolto con la tenerezza del grembo di una madre …Non sarà terra d’esilio il nostro esistere se quelle immense mani diventano il nostro nido” (Sorretti come stelle, in Scintille di gioia, pag. 32).
Pio Vigo è stato l’uomo della gioia, dello stupore e della meraviglia. Guardava il creato con gli di Metastasio e ripeteva: “Dovunque il guardo giro, immenso Dio, ti vedo”. Anteponendo una nota alla pubblicazione “Cammini di speranza” (San Zeno in monte, 2020), scriveva: “La creazione tutta ci invita allo stupore e a renderci conto che la bellezza ci è stata data come dono per aiutarci a imparare a curare la nostra vita interiore. E a porre la nostra attenzione su ciò che edifica e apre l’animo a orizzonti di verità e di luce”. Tutta la sua poesia è intrisa di gioia e stupore, che ha saputo cantare anche nei giorni più oscuri della sua esistenza. Che ha cantato in versi come partecipazione al mistero del dolore nell’attesa della risurrezione.
Monsignor Vigo, icona del Pastore bello
Il ricordo di Monsignor Pio Vigo, nel trigesimo della sua morte, si tramuta in gratitudine al Signore per averci dato in lui una autentica icona del Pastore bello. Con sant’Agostino, anche noi, siamo chiamati a ripetere (seppur avvertiamo il vuoto della sua presenza) “Non ti chiediamo perché ce lo hai tolto, ma ti ringraziamo per avercelo dato”.
Concludo con le stesse sue parole di una recente poesia, quasi un testamento spirituale:
“Vorrei consegnarvi giornate piene di sole
con un leggero alito di vento
da dare agli alberi il fremito della gioia.
E ai fiori la danza di espandere
nel cuore il profumo del loro canto.
Immersi nella natura sentirete rinascere nel cuore i ricordi più belli
che vi invitano a danzare con la vita.
Le piante e i volti diversi della loro fioritura
si aprono a voi come libro misterioso
della tenerezza del creato.
Incantati e commossi,
diventerete partecipi di tanto splendore.
Nessuno potrà cancellare il bagno
di esultanza che vi ha vestiti
di beatitudine”.
(Il mio augurio, in Sentieri di speranza, pag. 9)
Don Roberto Strano