Ucraina / La guerra tra atrocità e social media

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Riportiamo le riflessioni del prof. Mariano Indelicato sugli effetti della guerra, a partire dalla situazione in Ucraina, sulla vita di tutti i giorni nell’era dei social media. In che modo l’esposizione mediatica alle immagini di guerra influenza le nostre attività?

“I guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno in guerra, mentre i guerrieri sconfitti prima vanno in guerra e poi cercano di vincere”. (SUN TZU)

In questi giorni mi è capitato di leggere la storia di un samurai giapponese – Minamoto no Yoshitsune- divenuto leggendario per le sue gesta nella guerra Genpei (1.180 – 1.185) in cui, a capo di un’armata, riuscì a sconfiggere il clan dei Taira. La sua breve vita i giapponesi l’hanno trasformata in leggenda. Incarnava l’immagine del perfetto samurai: abile con le armi, fedele e leale fino alla fine verso il proprio signore, e cavaliere con le donne. È difficile, pur in uno scenario di guerra, raffigurarsi Yoshitsune con le immagini provenienti dall’Ucraina e, particolarmente, dalla città di Bucha.

Ucraina / La guerra nella società dei social media

In un campo di battaglia volto alla supremazia, al raggiungimento della vittoria non dovrebbero venire meno i valori fondamentali dell’essere umano. Eppure le fossi comuni di cittadini trucidati e giustiziati anche ammanettati e/o uccisi e lasciati sul ciglio della strada suggeriscono una profonda riflessione sui valori e le virtù che dovrebbero guidare i soldati in battaglia. Ciò che siamo stati costretti a vedere sembra dare ragione a Freud. Egli sosteneva che dentro ogni individuo coesistono due forze contrapposte Eros e Thanatos. La potenza creatrice e di convivenza pacifica contrapposta ad una forza distruttrice auto o etero diretta.

In Disagio della Civiltà, Thanatos è rappresentato come il nemico della civiltà. Si tratta di un nemico che risiede nel profondo dell’animo umano. In grado di manifestarsi anche (e soprattutto) in società che cercano di favorire l’espressione della libido nelle forme pacifiche dell’arte o della scienza. Ci eravamo illusi che gli orrori, gli stupri fossero dimenticati sotto l’effetto della modernità e della crescita culturale. Ci siamo risvegliati invece con immagini che i nostri occhi mai avrebbero voluto vedere.

Guerra / Il business dei War games

Ciononostante eminenti studiosi, tra cui il Prof. Francesco Pira, negli anni hanno lanciato segnali abbastanza chiari sul decadimento dei valori soprattutto veicolato attraverso la rete e i social media. I War Games (giochi di guerra), ideati dal pentagono, per insegnare ai militari a superare il blocco naturale che impedisce di uccidere un altro essere umano, sono diventati negli anni un gigantesco business per le aziende d’informatica. Alcune ricerche scientifiche svolte negli USA hanno dimostrato che alcune particolari aree cerebrali, quelle fondamentali per il controllo delle emozioni e del comportamento aggressivo, siano fortemente condizionate dalla visione e interazione con videogame violenti. Influenzando pertanto il modo di agire nella vita di tutti i giorni con un effetto disinibitorio sui centri di controllo emozionali.

I Killer Games oggi sono presenti e disponibili su qualsiasi smartphone e, quindi, a disposizione di tutti. La struttura di questi giochi è fortemente orientata alla soppressione dell’altro con qualsiasi mezzo. È stata  messa, in altri studi, in correlazione con alcuni delitti efferati commessi negli Stati Uniti. Basta citare a questo proposito il caso dei due ragazzini di Detroit, che hanno ucciso un loro coetaneo, bruciandone i resti, solo per imitare ‘Manhunt2’. O il caso nel Kentucky di Michael Carneal, un quattordicenne videodipendente che ha ucciso tre ragazzine. Ancora la strage avvenuta in un centro commerciale di Omaha per opera di uno studente ossessionato dal videogioco militare ‘CounterStrike’.

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Ucraina / Gli effetti della guerra nell’era dei social media

In una revisione della letteratura operata da Bensley e Van Eenwyk emergono sei modelli d’interazione tra comportamenti aggressivi e videgame:

  1. Bandura, attraverso la Social Learning Theory, sostiene che i videogame violenti funzionano come una fonte di apprendimento imitativo del comportamento aggressivo;
  2. La Arousal Theory di Tannenbaum & Zillmann asserisce, invece, che la loro pratica può indurre attivazione neurovegetativa, che troverebbe nel comportamento aggressivo il modo di essere scaricata;
  3. Secondo Berkowitz, i videogiochi violenti possono attivare strutture cognitive associate al contenuto violento e in tal modo rafforzare il legame tra il sistema semantico dell’utilizzatore e il comportamento aggressivo.
  4. Anderson & Dill, fa riferimento all’effetto priming; essa sostiene che giocare con videogiochi violenti faciliti l’emergenza di pensieri aggressivi e sentimenti di ostilità.

Ucraina / La guerra nei videogiochi

Di fatto, Nel videogioco vi è una fonte di gratificazione del bisogno di potere e controllo sul reale e attraverso  esso è possibile abbandonarsi all’illusione infantile di un controllo onnipotente sul mondo e a quella della negazione del bisogno dell’altro. L’altro è solo e semplicemente un obiettivo che deve essere abbattuto per raggiungere l’agognato premio.

Gli studi di Francesco Pira sulla generazione Z (sinistramente la stessa lettera utilizzata dai militari russi per l’operazione militare in Ucraina) e cyber bullismo, il sexting, il revenge porn e il bosdy shaming, costituiscono una base sicuramente affidabile per spiegare gran parte degli stupri commessi nel conflitto in Ucraina. Cosi come in un qualsiasi film porno la donna diventa un oggetto che è possibile umiliare in un atto sessuale non voluto e, in questo caso, utilizzato come tecnica di guerra e di offesa. Tante notizie riportano di stupri commessi davanti alle madri o, al contrario, davanti alle figlie piccole.

Ucraina / La guerra tra attività e social media

Non vi è dubbio che tante volte la realtà può superare la fantasia ma, è altrettanto vero ed è stato dimostrato, che vi è una continuità tra esperienze vissute attraverso la realtà virtuale e la messa in atto di comportamenti violenti. Chiaramente in guerra tutto diventa abnorme al limite del paradossale. Questo però non può non indurci a profonde riflessioni riguardanti i valori che, sotto la spinta di potentati economici, vengono messi a rischio nelle nuove generazioni a cui forse dovremmo far rileggere le storie gloriose dei samurai che, seppure nascono per combattere, seguono regole rigide totalmente inesistenti in una “società liquida” come la nostra in cui i principi del pathos nascondono quelli etici. Nella società attuale vi è un vuoto, un’assenza importante che Lacan indicava come “in nome del padre”: luogo di socializzazione, di lealtà e della giustizia. La guerra ci indica in maniera chiara questa assenza.

Mariano Indelicato psicoterapeuta

 

Mariano Indelicato*

Psicologo Psicoterapeuta; Docente a.c. Psicometria delle Neuroscienze Cognitive Università degli Studi di Messina

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