La crisi politico – diplomatica tra la Russia di Putin ed i Paesi aderenti al Patto NATO sta vivendo i suoi giorni più importanti e decisivi. L’impressione che si ricava è che sia giunta ad una svolta, dopo il tempo delle trattative, articolate e complicate, e delle manovre militari, ampie e complesse.
Quando la tensione – cioè la febbre – s’impenna e sale, la diplomazia deve subito correre ai ripari stabilizzando la situazione. È infatti quello il momento in cui il rischio del passaggio alla guerra può divenire una realtà concreta. Tale corso degli avvenimenti allora non può che essere l’unico sbocco possibile, se si vuole evitare una guerra al centro dell’Europa, dopo 78 anni di pace ininterrotta.
Le parti hanno avviato trattative (e, lo stanno facendo tuttora) con lealtà e sincerità d’intenti, ed apertura mentale ed in forma costruttiva, anche se con qualche fiero cipiglio. Le posizioni sembrano ora meno distanti; la ricerca del compromesso può solo richiedere ormai qualche altro ragionevole sforzo.
Il primo punto del dissenso
Uno degli importanti punti di divisione, che separano Mosca da Bruxelles, risiede nell’interruzione dell’attività militare euro – Atlantica, nell’Europa orientale. Il presidente russo ha, infatti, chiesto il ritiro dei battaglioni multinazionali dalla Polonia e dagli altri Paesi baltici, come la Lituania, la Lettonia e l’Estonia, tutti compresi e riuniti sotto le insegne della NATO. L’Alleanza Occidentale ha a sua volta risposto al leader del Cremlino con una nota interlocutoria suggerendo la possibilità, per le aree di reciproco interesse, di organizzare un maggior controllo degli armamenti. E anche una maggiore trasparenza nei movimenti di truppe e nelle esercitazioni militari. Su questa proposta si aspetta ora la valutazione del presidente Putin.
La diplomazia ha lavorato molto
Naturalmente, prima di giungere a questi iniziali scambi di proposte e controproposte, è stata avviata una intensa attività diplomatica. Prima c’è stato qualche lungo colloquio telefonico tra i capi delle due superpotenze, Biden e Putin. Poi il leader Francese Macron – che guida la CE nel corso del semestre di turno della presidenza – ha esplorato, con una tenace e costruttiva azione diplomatica personale ed attraverso le capitali europee, Mosca e Kiev, la sua proposta di de-escalation, da ambedue le parti.
Lo scopo è di fermare la situazione militare al punto in cui si trova adesso. Anche il Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca, Olaf Scholz, ha fatto la sua parte sul terreno. L’abbassamento dei venti di guerra, con le visite a Mosca, Kiev e Washington, sembra dare i suoi frutti. In una situazione quindi che si era fatta tanto complessa, l’attività diplomatica congiunta, della Francia e della Germania Federale, è stata quanto mai proficua e propizia, efficace e preziosa.
Il nodo Ucraina
Occorreva infatti raffreddare la tensione e disarmare gli animi. Da un lato, si rende, infatti, necessario far rientrare il ventilato dispiegamento di circa 3.000 soldati americani in Romania, Polonia e Germania, annunciato il 2 febbraio, dalla Casa Bianca.
Il presidente Russo, dal suo lato, dovrà pure ricevere assicurazioni, formali e chiare, sul mantenimento della neutralità dell’Ucraina. Con esclusione dell’ipotesi che Kiev possa far parte in un immediato futuro dell’Alleanza Atlantica con conseguente dispiegamento di armi nucleari là. Cioè, a due passi dal confine con Mosca.
Dal canto suo, il Cremlino, deve cessare sia l’attività di dispiegamento militare ai confini con l’Ucraina, come pure le manovre militari in Bielorussia, con esercitazioni che hanno avuto il principale scopo di formare una pressione psicologica sull’Ucraina e sui Paesi NATO dell’Occidente. A questo proposito, Mosca ha ripetutamente affermato però che non ha alcuna intenzione d’invadere Kiev. D’altro canto, l’ipotesi dell’invasione dell’Ucraina non sarebbe affatto semplice per il Cremlino, sotto il profilo degli enormi costi nel mantenere uno stato invaso, così vasto.
La neutralizzazione dell’Ucraina
In questo momento è molto importante che la congiunta azione diplomatica franco – tedesca si consolidi – al di là degli spiragli che ha lasciato filtrare – e conduca ad importanti risultati. Non è interesse del Cremlino che il processo d’incremento della azione militare contro l’Ucraina faccia passi avanti. Tale avvenimento danneggerebbe enormemente, dal lato politico ed economico, gli interessi russi. Ed avrebbe come risultato l’attrazione immediata di sanzioni economiche e finanziarie a carico di Mosca.
È stato pure affermato che la de-escalation ed il dialogo avviati da Macron e Scholz abbiano danneggiato la NATO. E anche denunciato al suo interno crepe e fratture, in grado di porre in discussione funzioni e compiti dell’Alleanza Occidentale nel secondo millennio.
Infatti, mentre la Russia chiede maggior sicurezza, per sé e per i suoi confini, cosa del tutto legittima, secondo una parte degli analisti internazionali è pure possibile che Washington e Londra manifestino verso Mosca una linea più dura, con denunce allarmistiche e con affermazioni contrarie alla neutralizzazione ( o finlandizzazione ) di Kiev.
Questo lascerebbe sussistere una aspirazione di Washington per una guida più forte e più influente militarmente per l’organizzazione occidentale.
Le scadenze elettorali
Dietro le iniziative ed i movimenti diplomatici dei protagonisti, vi sono anche a lavorare per una svolta, che possa essere equa ed accettata da tutti, le elezioni presidenziali in Francia, le elezioni congressuali negli Stati Uniti e perfino le elezioni presidenziali a Mosca. Infatti, Parigi ha in agenda, per il prossimo aprile, il rinnovo del mandato presidenziale di Emmanuel Macron. E anche Mosca ha dal canto suo, una scadenza più lontana, con la prospettiva di una riconferma al vertice dello Stato, di Vladimir Putin.
Ad una convergente iniziativa di pace, non sarebbe neppure estranea la Casa Bianca, per l’interesse politico che manifestano per essa le elezioni di mezzo termine, a novembre. I rinnovi della Camera dei Rappresentanti, di 1/3 del Senato e di altri Organi elettivi ( Governatori, magistrati e via dicendo) hanno il loro peso. Questo non esclude l’ipotesi che all’interno di Washington non vi possano essere elementi inclini, all’interno del Consiglio di Sicurezza Nazionale, a provocare un’ azione militare.
Lo stesso riferimento vale per Mosca, ovviamente. L’impressione è che i Capi delle due Superpotenze tengano il pieno possesso della situazione. E siano in grado di far fronte al contrasto contro i venti di guerra, che soffiano su entrambe le capitali.
La neutralizzazione dell’Europa dell’Est
I problemi sollevati dalla crisi, in verità, affondano le loro radici lontano nel tempo. Della revisione dell’impegno americano ( in uomini e mezzi bellici ) nell’Europa, ne fu consapevole, per primo, nel dopoguerra ( durante la guerra ne aveva parlato il Presidente Roosevelt ) il Presidente John Fitzgerald Kennedy. Ed infatti l’Uomo della “ Nuova Frontiera “ aveva già ritirato ( a seguito del Patto USA-URSS per Cuba del 1962 ) nella Primavera del 1963, i missili Jupiter dalla Turchia e dall’Italia, perché non più importanti a fini strategici e per favorire anche il disarmo e la collaborazione internazionale, tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
Poi, lo stesso Presidente statunitense, nell’Autunno del 1963, stava “ riflettendo alla possibilità di una riduzione delle truppe americane nell’Europa occidentale …… l’Unione Sovietica partiva sempre dalla constatazione che le basi e le truppe americane, dislocate in Europa occidentale rappresentassero un fattore contrastante con gli interessi della pace ……”. ( 1 ) Ma vi sono anche altri interessi strategici.
Il ruolo della NATO oggi
Gli interessi di Mosca alla pace sono presenti anche oggi. L’Occidente deve valutare questa fondamentale vocazione del Cremlino alla pace. Vi sono anche altri interessi strategici da esaminare nel contesto della crisi. La NATO ha già ottenuto il considerevole allargamento verso Est ed ha associato a sé medesima Paesi come la Polonia, l’Ungheria, la Bulgaria, la Romania, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, per non parlare delle altre Repubbliche Baltiche.
L’accerchiamento militare, di cui parla Putin, non è quindi una affermazione priva di fondamento, ovvero che può essere presa sottogamba. Il negoziato resta l’unica via possibile per salvare la pace in Europa. Il ruolo della NATO non può essere certamente quello stesso del momento in cui si opponeva al comunismo. Cioè del momento dei blocchi contrapposti e dell’ex Unione Sovietica. D’altro canto, la trasformazione della NATO in una organizzazione di sicurezza collettiva, può fare a meno dell’Ucraina. Questo costituirebbe un ponte verso Mosca, una offerta di amicizia e collaborazione che – questo sì – aprirebbe la strada per un debito del Cremlino verso l’Occidente.
Conclusioni
Arthur Schlesinger affermò che l’esperienza della crisi di Cuba “ aveva insegnato che la fermezza nella difesa degli interessi vitali americani era la principale garanzia della sicurezza e della pace. Ma, aveva insegnato anche che la forza non può risolvere ogni cosa “(2). L’ unica via resta l’onesto negoziato.
1)Andrej Gromyko, Memorie, Rizzoli,1989, pagg.130 e 131
2)Aurelio Lepre, Guerra e Pace nel XX secolo, Il Mulino, 2008, pag.362
Sebastiano Catalano