Non utopia, ma sano realismo. Così Papa Francesco, ricevendo in udienza i partecipanti al Simposio vaticano, ha definito l’ambizioso obiettivo del disarmo integrale. Le armi nucleari producono “catastrofiche conseguenze umanitarie”, il grido d’allarme contro la “logica della paura”.
Le armi nucleari producono “catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali”, e sono la conseguenza della “logica di paura” che affligge il pianeta. È il grido d’allarme di Papa Francesco, che ricevendo oggi (10 novembre) in udienza i partecipanti al Simposio internazionale sul disarmo, promosso dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, sul tema: “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”, ha condannato con fermezza la minaccia dell’uso delle armi nucleari – ormai diffuso anche via Internet – ma ha anche esortato a mettere da parte il “fosco pessimismo” a favore di un “sano realismo”. Come quello che ha portato alla recente “storica votazione” all’Onu sulle armi nucleari come illegittimo strumento di guerra. A 50 anni dalla Populorum progressio, “lo sviluppo integrale è la strada del bene che la famiglia umana è chiamata a percorrere”. E il disarmo integrale, auspicato da Giovanni XXIII nella Pacem in terris, attende ancora di essere realizzato. Al Simposio, in corso fino a domani in Vaticano, partecipano 11 premi Nobel per la pace, vertici di Onu e Nato, diplomatici rappresentanti degli Stati tra cui Russia, Stati Uniti, Corea del Sud, Iran, nonché massimi esperti nel campo degli armamenti ed esponenti delle fondazioni, organizzazioni e società civile impegnate attivamente sul tema. Presenti, inoltre, rappresentanti delle Conferenze episcopali e delle Chiese, a livello ecumenico e di altre fedi, e delle delegazioni di docenti e studenti provenienti dalle Università di Stati Uniti, Russia e Unione europea.
“Anche considerando il rischio di una detonazione accidentale di tali armi per un errore di qualsiasi genere – l’esordio di Francesco – è da condannare con fermezza la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso, proprio perché la loro esistenza è funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano”.
La spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta, così come i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi – non solo nucleari – che rappresentano una voce di spesa considerevole per le nazioni, al punto da mettere in secondo piano temi come la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani.
“Non possiamo non provare un vivo senso di inquietudine se consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari”, il grido d’allarme del Papa: “Le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici”.
Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, generano un ingannevole senso di sicurezza. Se non vogliamo compromettere il futuro dell’umanità, dobbiamo imparare dalla testimonianza degli “hibakusha”, cioè delle persone colpite dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki: “Che la loro voce profetica sia un monito soprattutto per le nuove generazioni!”. Le tecnologie nucleari si diffondono ormai anche attraverso la Rete, e neanche gli strumenti di diritto internazionale hanno impedito che nuovi Stati si aggiungessero alla cerchia dei possessori di armi atomiche. Il Papa parla di “scenari angoscianti”, che nello scacchiere geopolitico si affiancano a quelli del terrorismo o dei conflitti asimmetrici.
Eppure, nonostante il “fosco pessimismo” di cui potremmo cadere vittime, “un sano realismo non cessa di accendere sul nostro mondo disordinato le luci della speranza”. Francesco cita la recente votazione Onu sulle armi nucleari come illegittimo strumento di guerra, che colma un vuoto giuridico importante e si unisce alla messa al bando, già proibita attraverso Convenzioni internazionali, delle armi chimiche, quelle biologiche, le mine antiuomo e le bombe a grappolo. Risultati, questi, dovuti principalmente
“a una iniziativa umanitaria promossa da una valida alleanza tra società civile, Stati, organizzazioni internazionali, Chiese, accademie e gruppi di esperti”.
In questo contesto si colloca anche il documento consegnato al Papa dagli 11 premi Nobel per la pace presenti al simposio internazionale, per il quale Francesco ha espresso il suo “grato apprezzamento”.
Francesco ha poi menzionato il 50° anniversario della Populorum progressio, “memorabile e attualissimo documento in cui Paolo VI ha coniato la definizione di “sviluppo umano integrale”, cioè “volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”.
“Occorre dunque innanzitutto rigettare la cultura dello scarto e avere cura delle persone e dei popoli che soffrono le più dolorose disuguaglianze, attraverso un’opera che sappia privilegiare con pazienza i processi solidali rispetto all’egoismo degli interessi contingenti”. Si è concluso con questo invito il discorso del Papa, secondo il quale soltanto
“un progresso effettivo e inclusivo può rendere attuabile l’utopia di un mondo privo di micidiali strumenti di offesa, nonostante la critica di coloro che ritengono idealistici i processi di smantellamento degli arsenali”.
In questa prospettiva, resta sempre valido il magistero di Giovanni XXIII, che ha indicato con chiarezza l’obiettivo di un disarmo integrale, e quello di Paolo VI, a 50 anni dalla Populorum progressio.
M. Michela Nicolais