Nel cuore pulsante di Bruxelles, tra le istituzioni dell’Unione Europea, esiste un luogo in cui la memoria non si limita a essere conservata, ma viene interrogata, condivisa, trasformata. È la Casa della Storia Europea, un’istituzione culturale nata nel 2007 per iniziativa del Parlamento europeo. Alla base progettuale, si pone l’ambizioso obiettivo di offrire ai cittadini europei uno spazio in cui riconoscersi, stante una narrazione storica collettiva, plurale e transnazionale.
L’idea venne lanciata ufficialmente dal presidente Hans-Gert Pöttering, con la visione di superare le letture nazionali del passato. Il fine di ciò risiede nella valorizzazione delle conquiste comuni e nel non dimenticare le fratture più dolorose che hanno segnato la storia del continente.
“Desidero un luogo per la storia e per il futuro, in cui il progetto europeo possa continuare a crescere. Vorrei proporre la fondazione di una “Casa della Storia europea”, di un luogo dove coltivare insieme la nostra memoria della storia d’Europa e del cammino verso l’unificazione europea, che funga anche da luogo dove gli attuali e i futuri cittadini dell’Unione europea potranno continuare a forgiare la loro comune identità”. (Il Presidente del Parlamento europeo On. Prof. Dr. Hans Gert Pöttering 13 febbraio 2007).
Casa della Storia europea / L’edificio e la sua storia
Ad ospitare il museo è l’ex clinica odontoiatrica Eastman, raffinato esempio di architettura Art déco progettato nel 1933 dall’architetto svizzero Michel Polak. Immerso nel verde del Parco Leopoldo, l’edificio è stato sapientemente riconvertito in un moderno centro espositivo. Esso è, sin dal suo concepimento, un luogo accessibile, inclusivo e simbolicamente perfetto per rappresentare una memoria condivisa.
Un viaggio nella storia europea
La mostra permanente, distribuita su oltre 4.000 metri quadrati, accompagna il visitatore in un percorso che attraversa la storia d’Europa, con un’attenzione particolare al XX secolo. In sequenza, si passano in rassegna: guerre mondiali, totalitarismi, resistenza, ricostruzione e infine il processo di integrazione europea.
Ma il viaggio parte da più lontano, dai secoli in cui si formarono le idee fondanti del pensiero moderno, della democrazia e dei diritti. In mostra si trovano documenti originali, oggetti quotidiani, installazioni multimediali e testimonianze personali che raccontano le vicende umane dietro la grande Storia. Tutti i contenuti sono disponibili nelle 24 lingue ufficiali dell’UE: una scelta che sottolinea l’impegno per l’inclusione e la valorizzazione della diversità culturale.
Una visita che lascia il segno
Nel febbraio scorso, la Casa della Storia Europea ha accolto i corsisti del primo Master europeo in Cerimoniale, Galateo ed Eventi Istituzionali dell’Università “La Sapienza” di Roma. Per loro, la visita è stata un’esperienza formativa intensa, capace di intrecciare cerimoniale e memoria in un contesto profondamente europeo.
Particolarmente toccante è stata la sezione dedicata alla Shoah e alla Seconda guerra mondiale. Una narrazione sobria, lucida e intensa, che restituisce con rigore storico e umanità la profondità di una ferita ancora aperta. La memoria, qui, non è mai fine a se stessa: è stimolo per comprendere il presente.

Nella Casa della Storia europea oggetti che parlano
Tra gli oggetti esposti, spicca la valigia di Josek Widawski, deportato ad Auschwitz dal ghetto di Litzmannstadt. I deportati potevano portare con sé solo un piccolo bagaglio, che veniva sistematicamente requisito all’arrivo nei campi. A partire dal 1942, i campi di sterminio vennero istituiti nei territori occupati dell’Europa orientale con l’unico scopo di uccidere in maniera sistematica ed efficiente. Lo storico Dan Diner ha definito quel periodo come una vera e propria “frattura della civiltà”, un punto di non ritorno nella storia umana.
Un altro oggetto-simbolo è la stella di David appartenuta al dott. Viktor Kosàk, ebreo ceco. Introdotto come obbligo nel Reich a partire dal 1941, questo segno fu trasformato dai nazisti in un marchio di umiliazione ed esclusione, privando milioni di persone della loro identità individuale. Il filologo tedesco Victor Klemperer scrisse nel suo diario:
“Il giorno peggiore in dodici anni d’inferno? Sempre lo stesso: il 19 settembre 1941. Il giorno in cui ci obbligarono a portare la stella di David”.
A dimostrare che non tutta l’Europa fu omertosa, commuove la vicenda dei fratelli Norden, tra i 7000 ebrei danesi messi in salvo dalla resistenza del loro Paese nel 1943. Durante l’evacuazione via mare verso la neutrale Svezia, i due bambini portavano un cartellino con il proprio nome, in caso si fossero persi durante il viaggio.

Nel ripercorrere la storia afferente alla Seconda Guerra mondiale, non passa inosservato il fenomeno correlato al genocidio degli ebrei europei. Difatti, esso può definirsi un obiettivo primario nella politica nazionalsocialista. Dalla privazione dei diritti, di cui una delle espressioni giuridiche si ravvisa nelle leggi razziali di Norimberga del 1935, si passa alla persecuzione. A tutto ciò, segue poi lo sterminio degli ebrei. I campi di concentramento sono l’orripilante realtà dell’orientato processo hitleriano. In totale, si parla di circa sei milioni ebrei assassinati dai nazionalsocialisti.
Un laboratorio di coscienza europea
Ma la Casa della Storia Europea non è solo museo. È un laboratorio vivo, un centro culturale che propone mostre temporanee, eventi pubblici, attività didattiche e programmi per le scuole. Il primo oggetto della collezione permanente è la medaglia del Premio Nobel per la Pace assegnato all’Unione Europea nel 2012: un simbolo che incarna lo spirito stesso del progetto europeo.
Accoglie anche delegazioni istituzionali e capi di Stato, in un contesto che unisce rigore cerimoniale e apertura culturale. L’ospitalità, in questo contesto, non è mai soltanto formale: è condivisione di memoria e visione.

Un’opera simbolica: Il vortice della storia
A collegare i sei livelli espositivi del museo, come un filo narrativo verticale, c’è “Il vortice della storia”, un’imponente installazione alta 25 metri che si snoda nella tromba delle scale. Realizzata nel 2017 dallo scultore Boric Micka insieme allo studio spagnolo Todomuto, l’opera è composta da 27 citazioni storiche, scelte per rappresentare la pluralità di sguardi e la continua reinterpretazione della storia europea.
I bracci metallici che si diramano dalla struttura – in alluminio e acciaio – riportano le parole di pensatori, leader e intellettuali europei, a testimonianza della complessità del percorso del continente, fatto di conflitti e convergenze, visioni divergenti e valori condivisi.
Il vortice, in costante slancio verso l’alto, è il simbolo perfetto del dinamismo della storia europea, ma anche della sua unità nella diversità: non a caso, il motto fondante dell’Unione Europea.
La memoria come bussola
Oggi, in un tempo in cui l’Europa è chiamata ad affrontare nuove crisi e sfide complesse, il ruolo di istituzioni come la Casa della Storia Europea è più che mai cruciale. Raccontare la storia in modo critico, inclusivo e plurale è un atto di cittadinanza attiva.
La storia è il fil rouge che serve per dipanare la matassa del passato, poiché senza quella il presente semplicemente sarebbe amorfo o, a tratti, non esisterebbe.
È una verità che riecheggia tra le sale del museo, dove ogni documento, ogni oggetto, ogni racconto ci ricorda non solo com’eravamo, ma perché siamo ciò che siamo.
Visitare la Casa della Storia Europea è molto più che un atto culturale. Si parla, de facto, di una dichiarazione di impegno verso un’Europa unita, non solo nei trattati, ma nei cuori e nella coscienza dei suoi cittadini.
Luisa Trovato