Al termine dell’assemblea cittadina, svoltasi lunedì scorso a Santa Venerina, a un anno dal sisma di Santo Stefano (della quale abbiamo dato ampio resoconto), è stato approvato un documento che espone i disagi dei terremotati per il ritardo della ricostruzione e chiede che si faccia presto e bene negli aiuti alle famiglie e alle comunità danneggiate, al fine di tornare alla normalità.
Ecco il testo del documento, firmato dagli otto sindaci e dall’arcivescovo di Catania e dal vicario generale della Diocesi di Acireale.
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Capo del Dipartimento nazionale di Protezione civile
Al Presidente della Regione Siciliana
Noi cittadini dei comuni colpiti dal sisma del 26 dicembre 2018, con i nostri Sindaci, i nostri Consigli comunali, i nostri Vescovi, i nostri parroci, i comitati dei terremotati rappresentanti del volontariato e della società civile, riuniti in assemblea in Santa Venerina il giorno 30 dicembre 2019, chiediamo attenzione per la nostra condizione di terremotati, per i nostri territori, per le problematiche ancora in attesa di una soluzione compiuta.
Un anno fa, il 26 dicembre 2018, il terremoto ha sconvolto ha turbato la gioia delle nostre comunità in festa rendendo inagibili case, strutture produttive, edifici pubblici, chiese; sbriciolando terrazzamenti e muri a pietra nelle nostre campagne, occludendo la viabilità che collega i nostri centri abitati adagiati sul versante orientale dell’Etna.
Come tutti i sismi etnei, anche questo ha colpito un’area sì circoscritta, ma fortemente antropizzata e vivace; com’è tipico, l’energia liberata è stata contenuta, ma l’accelerazione al suolo prodotta è stata straordinaria, e solo un patrimonio edilizio solido e periodicamente adeguato, una cultura costruttiva e della prevenzione radicate che con grande orgoglio rivendichiamo, hanno permesso di compromettere solo le nostre cose, ma non le nostre vite, e di avere scenari di danneggiamento anche severi, ma non di distruzione totale.
Molti, nelle nostre comunità, vivono in grave precarietà abitativa, in alloggi sovente situati in luoghi lontane dalle dimore abituali, lontano dai propri affetti, dai loro luoghi di lavoro, di apprendimento, di culto, di socializzazione: ciò aggiunge un danno ulteriore a quelli materiali che consiste nello sfilacciamento di tanti rapporti interpersonali, nello sfaldamento di intere comunità, in ambito religioso e sociale, che non hanno più i luoghi fisici in cui riunirsi.
Nell’emergenza, l’assistenza immediata dell’intera macchina di Protezione Civile è stata confortante ed apprezzata dalla popolazione, ma non tutte le misura previste sin dalla prima ordinanza del Capo Dipartimento nazionale trovano fluida applicazione o l’efficacia che si attendeva: così, da una parte, le famiglie arrancano per i ritardi con cui le risorse finanziarie per i contributi per l’autonoma sistemazione arrivano ai Comuni, dall’altra, le norme sovrappostesi sui contributi per i pronti ripristini fino a 25.000 euro non hanno facilitato l’auspicato largo accesso alla misura che avrebbe consentito invece di contenere il numero di pratiche successivamente gravanti sulla fase di ricostruzione.
Ora, pur rappresentando con forza la necessità di prorogare lo stato di emergenza al fine di dare piena applicazione a quanto programmato e soprattutto affinché i meccanismi di aiuto attualmente in atto non si blocchino, è necessario rendere operativa la fase della ricostruzione.
È ora imprescindibile che il Commissario governativo per la ricostruzione sia messo in condizione di entrare in piena attività, con tutto ciò che comporta a partire da una o più sedi adeguatamente attrezzate e dalla disponibilità del personale necessario.
È necessario che le somme stanziate con il D.L. n. 32 del 18 aprile 2019 per l’anno che si conclude vengano imputate alle annualità successive, in quanto la mancata spesa attiene proprio alla mancata operatività della struttura commissariale, ed è necessario altresì che tali coperture, definite dallo stesso decreto come “dotazioni iniziali” vengano via via implementate e modulate secondo le effettive necessità di un ricostruzione completa ed estesa anche agli edifici che non costituiscano residenza familiare o sede di attività economiche.
Occorre che l’esenzione delle imposte per gli immobili inagibili e la sospensione dei tributi per i residenti tutti, sia uguale a quella attuata in altri territori per altri sismi, e preveda il trasferimento dei mancati introiti ai Comuni nello stesso periodo delle scadenze dei pagamenti non incassati: diversamente gli enti non reggono l’impatto finanziario e in taluni casi si sono trovati in grave affanno anche per il pagamento degli stipendi al personale dipendente.
Chiediamo di accelerare al massimo una ricostruzione che, verosimilmente, potrebbe essere concentrata in pochi anni: ciò consentirebbe enormi risparmi, spostando l’allocazione delle risorse dalla spesa per garantire alle famiglie l’autonoma sistemazione, che cresce quanto più le persone rimangono fuori casa, agli investimenti per recuperare e migliorare gli immobili che sono stati resi inagibili.
Perché i nostri auspici possano essere realizzati, chiediamo il diretto intervento delle SS. LL. affinché gli ostacoli che si frappongono alla ricostruzione, cosi come sopra sommariamente descritti, vengano rimossi, eventualmente a seguito di una diretta interlocuzione con i Sindaci e con i Commissari, e che venga predisposto un atto di indirizzo a tutti gli Uffici, siano essi dell’amministrazione centrale, che locale, affinché gli atti afferenti l’evento sismico vengano affrontati sempre in termini di urgenza cosi come la situazione richiede.
Santa Venerina, 30 dicembre 2019