Un falso benservito / I matrimoni veri? Solo per coraggiosi

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Online un sito per “il matrimonio senza impegno”. Il matrimonio finto è rivolto a un ampio target: da chi non ha nessuna intenzione di sposarsi sul serio a chi potrebbe ma magari è meglio una prova generale, per arrivare a coppie di vario genere in attesa di una qualche forma di legalizzazione

I matrimoni calano? E allora perché insistere a volerne celebrare uno vero, con tutti gli obblighi del caso, quando sarebbe tanto più comodo e facile poter avere il pacchetto completo con fiori, vestiti e rinfresco assortito ma senza i fastidi successivi derivanti dal fatto che, dopo, il nome sul registro è proprio il vostro? Se volete sposarvi, ma magari non proprio per davvero (come in Tre uomini e una gamba: “E così domani ti sposi. Sì ma… niente di serio!”), e cercate il modo di fare un bel ricevimento, forse per un anniversario originale, un regalo inconsueto o un qualcosa di certamente “fuori dal comune” (il gioco di parole è sottile ma voluto) è online il sito che risolve il problema e si chiama Fakewedding.it. Sottotitolo esplicativo: “il matrimonio senza impegno”. Fakewedding, ovvero lo sposalizio fasullo, nasce dall’idea di due intraprendenti giovani laureati in economia che hanno investito in una nicchia piuttosto estesa nonché redditizia. L’idea si propone infatti come un “format originale”, prodotto per permettere alle coppie – definite genericamente “lovers” e il politicamente corretto è salvo – “di vivere un’emozione indimenticabile insieme agli amici in maniera non convenzionale”. A leggere le offerte online, in realtà, sembra più di trovarsi sul set di uno di quei programmi statunitensi che tanto spopolano in tv. Per un evento “speciale e unico” (parentesi: come unico? Se tanto è finto perché non dovrei poterlo replicare a piacimento?), che “celebra l’amore in maniera innovativa”, sono disponibili tutti gli elementi irrinunciabili del caso: la celebration, con ritual e party, la promise, lo scambio dei memory, i gift, la consegna dell’heritage e tanto altro in un unico evento.senzaimpegno un falso benservito
Fermi tutti e innestiamo i sottotitoli. Proviamo a decodificare.
Celebration con ritual e party: questo è facile, una qualche sorta di cerimonia per gli invitati e i nubendi cui va a seguire una festa a tema.
La promise: vediamo, anche qui, se la parola non inganna e la visione di mille film americani non è passata invano, non dovrebbe essere altro che lo scambio di promesse di fedeltà, amore, eccetera, di solito consistente in un testo molto sdolcinato composto per mano, o per Google, dalle due metà coinvolte.
Lo scambio dei memory: ragazzi, qui serviva un piccolo sforzo di aderenza alla tradizione, anelli, si chiamano anelli, fedi, vere, come volete, ma memory è proprio tristanzuolo.
I gift: si immagina facciano riferimento a quelle che una volta si denominavano bomboniere ed erano, per la maggior parte dei casi, il tripudio dell’oggettistica inutile, ma l’espediente di rinominarli forse li renderà ninnoli imperdibili, anziché i soliti raccoglipolvere che, soprattutto in una certa generazione, infestano immarcescibili varie mensole del salotto.
Sul significato di ‘heritage’ ci asteniamo. Qui si scivola su un terreno minato e di ampio respiro che coinvolge il retaggio, il patrimonio (culturale), la storia: troppe cose per una consegna unica, qualunque cosa essa sia.
Il matrimonio finto è rivolto a un ampio target: da chi non ha nessuna intenzione di sposarsi sul serio a chi potrebbe ma magari è meglio una prova generale, per arrivare a coppie di vario genere in attesa di una qualche forma di legalizzazione. Un antico proverbio recita che il matrimonio è simile a una città assediata: chi è fuori vorrebbe entrare e chi è dentro vorrebbe uscire. Così, nel dibattito spesso infuocato che accompagna i vari progetti di legge più o meno fondati relativi alle unioni civili, slalomando tra le fughe in avanti di alcuni sindaci innovativi, leggere che è possibile scegliere di celebrare un matrimonio “senza alcun vincolo istituzionale”, vira la prospettiva verso il paradosso surreale. D’altronde, secondo il commento della psicoterapeuta di coppia allegato alla presentazione del sito: “ciò che è importante è che si personalizza completamente il rituale davanti alla comunità di appartenenza”. Ecco, appunto, se questo è l’unico obiettivo non si fa fatica a immaginare che l’opzione “fake” potrebbe addirittura diventare preferibile all’originale: vasta scelta, meno complicazioni, simbolico quel tanto che basta ad essere allegorico, figurativo senza essere rappresentativo. Per i molti irriducibili dell’impegno vero consigliamo fin d’ora di farsi stampare magliette identificative: only for the braves. Solo per coraggiosi.

Emanuela Vinai

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