La Pro Loco di Valverde ha incontrato nella sala “Giuseppe Fava” della biblioteca comunale del paese, Lorenzo Marotta, − docente di filosofia, dirigente del liceo scientifico “Archimede”di Acireale − autore del romanzo “Il sogno di Chiara”, il libro che fa riflettere sul delicato rapporto tra genitori e figli.
Ad introdurre Angelo Strano, vice presidente della Pro Loco, è intervenuto il sindaco di Valverde, Rosario D’Agata:
«Ciò che trovo interessante di questo libro è la continua ricerca della verità; ho riscontrato una sorta di pietà umana o di umanesimo religioso, anche il cattivo viene visto alla luce di una motivazione. Questa dimensione pone il lettore dinanzi a una quantità infinita di domande».
Nunzio Lizzio ha presentatao il romanzo e l’autore: «“Il sogno di Chiara” è l’intreccio di liti, passioni e sentimenti; i continui riferimenti alle origini invitano a non trascurare il passato. L’autore analizza psicologicamente tutti i personaggi, esprime opinioni con convinzione nel rispetto di quelle altrui».
Il professore Marotta spiega: « Intendo la scrittura come ricerca e bisogno di conoscermi e di conoscere il nostro essere uomo. Chiara scopre da Luisa, sua madre, di esser nata da un atto di violenza. La protagonista odia il padre ma nello stesso tempo chiede informazioni su di lui. Antonio, fratello di Luisa, fa da padre a Chiara ma sa che nessuna figura può compensare l’assenza del padre stesso”.
«Paul, il padre di Chiara, subisce l’abbandono dalla madre, viene adottato e in seguito vive in un orfanotrofio. Si rivelerà in lui il dono dell’arte. Il romanzo scorre anche sul tema dell’arte; c’è povertà oggi della stessa parola che non ha più il battito dell’anima. Paul, da geniale pittore, va alla ricerca dell’universalità umana negli ambienti degradati, quasi lì potesse trovare amore”.
«Nei miei libri tratto spesso il tema dell’arte; abbiamo bisogno di un sapere che si faccia cultura e che recuperi l’emotività, di una cultura che si fa riscontro, amore, comprensione. Spesso non abbiamo tempo, siamo distratti, dobbiamo raccoglierci dentro di noi per dare agli altri».
Abbiamo posto quattro domande a Lorenzo Marotta:
Perché ha scritto questo romanzo?
«È nato dallo sguardo triste dell’esperienza di una ragazza abbandonata dal padre che soffriva questa assenza e che si ingigantiva sempre più nella sua crescita. Questa esperienza , insieme ad altre, mi ha indotto a capire cosa passa veramente nel cuore di una ragazza, che non solo soffre per l’assenza del padre, ma addirittura scopre che lei è frutto di una violenza, non di un atto d’amore. Attorno a questi sentimenti ha preso l’avvio il mio romanzo».
È dunque ispirato ad una storia vera?
«Si; noi spesso dobbiamo guardare oltre quello che c’è dietro gli occhi profondi dei giovani e molte volte ci sono dei drammi, dei vuoti, delle assenze che fanno soffrire, ad esempio questa leggerezza con cui ci si separa, questa lontananza di noi adulti rispetto allo sguardo e alla sensibilità dei bambini; capita che li dimentichiamo ma loro registrano le emozioni, e queste cose lasciano il segno e la loro vita presenta dei nodi che hanno bisogno di essere sciolti. Questo è un romanzo che tende far riflettere sul difficilissimo rapporto tra padre e figlio».
Il rapporto di Chiara, la protagonista del romanzo, con i suoi genitori?
«Via via si evolve in una maturità, lei prende consapevolezza delle ombre che accompagnano sia la figura dell’uno che dell’altro. Con l’aiuto di Antonio, Chiara riesce a perdonare il padre; in questo perdono lei recupera la sua umanità e quella degli altri. Crescendo si accorge che, nella vita, accanto alla luce c’è l’ombra e quindi questo sguardo misericordioso che recupera l’umanità».
Chiara recupera il rapporto con suo padre?
«È un romanzo aperto, lei lo va a trovare, ma non si sa se lo trova vivo o morto».
Graziella De Maria