Vangelo della domenica (23 ottobre) / L’umiltà è essenziale nella preghiera. Il peccatore umile si affida al perdono di Dio

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Canto al Vangelo (2 Cor 5,19)
Alleluia, alleluia. Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione.
Alleluia.

Vangelo (Lc 18, 9-14)
lc-189-14-il-pubblicano-torno-a-casa-giustificato-a-differenza-del-fariseo
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Parola del Signore.

Riflessione
La liturgia della domenica scorsa parlava della necessità di pregare sempre; in questa domenica, il brano del vangelo di Luca indica l’umiltà quale elemento essenziale della preghiera del discepolo. Il riconoscersi peccatori e bisognosi dell’amore di Dio, rende capace il cuore del discepolo di accogliere la grazia della misericordia del Padre. La fede e la preghiera umile danno un’autentica conoscenza di sé e dell’amore di Dio. La preghiera dell’uomo senza umiltà poggia la fiducia sul proprio io e non invece su Dio.
Questo brano del vangelo ci aiuta a comprendere la nostra preghiera, se è una preghiera piena del proprio orgoglio, o della propria superbia, o se invece è una preghiera umile con la quale si ricerca il dialogo intimo con Dio in ascolto della sua Parola. La preghiera del fariseo non ha lo spazio di vedere l’amore di Dio, il suo spazio è riempito dalla sua superbia, dal suo sentirsi giusto, a differenza della preghiera di chi si sente povero e bisognoso della grazia di Dio. Il pubblicano, infatti, non osava neppure alzare il suo sguardo, e riconoscendosi peccatore si affidava al perdono di Dio. L’umile guarda le meraviglie che Dio compie nella propria vita e ne sente tanta gratitudine, consapevole del fatto che tutto è dono del Padre misericordioso, e nulla potrebbe adempiere senza il suo amore. Il cuore umile infatti, sente la propria povertà e la propria miseria, ma allo stesso tempo eleva a Dio il suo grido “Gridano e il Signore li ascolta, li libera da tutte le loro angosce. Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti. Il Signore riscatta la vita dei suoi servi; non sarà condannato chi in lui si rifugia”, così come ricorda il Salmo responsoriale della liturgia di questa domenica.

Letizia Franzone