Se oggi si è giunti fino a negare l’uomo, è perché ci sono state “reali lacune” negli umanesimi del passato. È l’analisi di Giuseppe Savagnone, storico e filosofo, che nel suo ultimo libro s’interroga sul tema del Convegno fiorentino senza retorica, “senza reticenze e senza sconti”, per delineare “un umanesimo che non sia soltanto ad uso e consumo dei credenti”
David Cronenberg, nel suo film “ExistenZ”, datato 1999, immagina una società in cui giochi virtuali sempre più sofisticati e coinvolgenti vengano messi a disposizione del pubblico, consentendo ai partecipanti d’immergersi totalmente in essi e di vivere temporaneamente una esistenza immaginaria. Solo che, quando viene presentato un nuovo gioco, ancora più perfezionato, chiamato “ExistenZ”, coloro che vi entrano scoprono, alla fine, che la caotica e drammatica sequenza d’inseguimenti e di violenza in cui si sono trovati coinvolti al suo interno, sempre rassicurati dall’idea di poterne uscire in qualunque momento, continua a perseguitarli anche dopo il risveglio. “Non era dunque un gioco? Oppure c’è un gioco più grande entro cui non solo ExistenZ, ma la stessa vita creduta reale dai partecipanti, erano inclusi, come in un sistema senza fine di scatole cinesi?”.
Ci si può interrogare sul destino dell’umano anche partendo da una pellicola. Emblema di quella presunta alternativa tra virtuale e reale che ormai il mondo digitale ha spazzato via, smascherandola come falsa. Natura umana vs tecnica? No, perché la realtà virtuale “si presenta come autoreferenziale, pretendendo di sostituire, non di rappresentare il mondo reale”. È un mondo: “Quello che sta nascendo dal virtuale è un uomo planetario”. Ognuno, ormai, “è in grado di condividere situazioni, esperienze, scelte di altre persone materialmente lontanissime da lui, sperimentando una nuova prossimità. Per la prima volta si realizza, dopo duemila anni, l’idea di una unità che fa di tutti gli esseri umani le membra di un solo corpo, in cui ciò che riguarda uno coinvolge gli altri”.
Giuseppe Savagnone, nel suo ultimo libro – “Quel che resta dell’uomo. È davvero possibile un nuovo umanesimo?” (Cittadella Editrice) – s’interroga sul tema del prossimo Convegno di Firenze senza retorica, “senza reticenze e senza sconti”, per delineare “un umanesimo che non sia soltanto ad uso e consumo dei credenti”. E lo fa cercando di “intercettare i nuovi tracciati in cui si gioca la percezione che gli uomini e le donne del nostro tempo hanno della propria identità”. Da vero filosofo, che non scinde mai il pensiero dalla vita, vuole smascherare le false antinomie: tra umanesimo ed ecologismo, tra natura umana e tecnica, tra individuo e relazione agli altri, tra identità fondata sul sesso biologico e orientamento sessuale, tra umanesimo e post-umanesimo. “La peculiarità del momento che stiamo vivendo – sostiene l’autore – è che, invece di assistere alla sostituzione di un umanesimo con un altro, per la prima volta, forse, nella storia, viene negato alla radice lo stesso ideale umanistico”. Così, l’antinomia finale è quella che le riassume tutte, in quanto teorizza che il “modello tradizionale di uomo ha esaurito il suo compito storico”. L’umanesimo, secondo questa prospettiva, “non è più possibile, per il semplice motivo che non esiste l’uomo, o meglio, che forse non è mai esistito”.
Se si è giunti fino a negare l’uomo, rilancia Savagnone, è perché ci sono state “reali lacune” negli umanesimi del passato: aver fatto dell’uomo un dominatore incontrastato della terra ha finito, ad esempio, per mettere a rischio la sopravvivenza del nostro pianeta, e dunque dell’uomo stesso. L’aver cancellato il peso specifico della “differenza” sessuale ha reso la teoria del gender sempre più pervasiva. “Che ci sia un elemento caratterizzante, che fa da discrimine tra ciò che è umano e ciò che non lo è, sembra essere ancora offrire l’unica difesa contro tutto ciò che comporta una minaccia alla dignità delle persone”, la tesi di Savagnone. Ma per comprendere questo, bisogna arrivare a capire che “il corpo non è un materiale informe che attende solo di essere ‘usato’. Il corpo siamo noi stessi”. È bello, esclama l’autore, che ci siano uomini (maschi) e donne: “San Tommaso diceva che un universo fatto solo di angeli sarebbe stato monotono. Anche gli angeli sono, nella sua teologia, tutti diversi fra loro, come i cyborg. Anche loro, come i cyborg, sono sottratti ad ogni problema di discriminazione sessuale. Ma nel caso degli uni e degli altri noi siamo d’accordo con Tommaso nel preferire che il mondo sia popolato di uomini e donne che pagano a caro prezzo, ma anche vivono con gioia, la loro differenza”.
M. Michela Nicolais