Verso il Giubileo / La preghiera, una porta aperta verso la libertà

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carcere con porte aperte

Papa Francesco, lo scorso 21 gennaio, ha dato il via all’Anno della preghiera. Un tempo spirituale per preparare la Chiesa tutta alla celebrazione del prossimo Giubileo del 2025.
Ma soprattutto “per recuperare il desiderio di stare alla presenza del Signore per ascoltarlo e adorarlo”.
Questa iniziativa pastorale, proposta dal Papa, certamente coinvolge anche i nostri fratelli e sorelle ristretti nei nostri istituti penitenziari.
Aiutati dai cappellani e operatori pastorali, quest’Anno della preghiera aiuterà a spalancare le porte del loro cuore ad una vera libertà interiore ai molti che sono privati della loro libertà personale.

Il Giubileo che ci apprestiamo a vivere, infatti, sarà certamente una grande occasione per puntare lo sguardo di misericordia, verso questi luoghi di sofferenza e di solitudine, molte volte dimenticati. La Porta Santa che Papa Francesco aprirà in un carcere è anche un invito ai ristretti a uscire da questi luoghi di dolore. A riprendere in mano la propria vita riscattata e a non perdere mai la speranza. Ma la Porta Santa che si apre è anche un invito rivolto alla comunità civile a entrare e a non aver paura di sporcarsi le mani. Ad impegnarsi, a creare percorsi di reinserimento e a non emarginare coloro che escono dalle nostre strutture penitenziarie.carcere

Anno della preghiera rivolto ai carcerati

L’Anno della preghiera rivolto anche ai ristretti ci invita a domandarci: “Come il carcerato vive nella sua cella il suo dialogo silenzioso con Dio? Quali sono le parole che lui rivolge al Signore nel tempo della sua afflizione? La sua tristezza e l’angoscia lo aiutano a spalancare le porte del suo cuore a Dio?”.

Rispetto a queste domande certamente è di grande aiuto l’accompagnamento spirituale del cappellano e di molti suoi collaboratori che lo aiutano in questa sua missione pastorale. Attraverso le celebrazioni, incontri personali, la confessione, catechesi, adorazione eucaristica, si accende in loro il desiderio della nostalgia di Dio. E tutto questo favorisce la preghiera e il dialogo silenzioso con Dio. La preghiera dell’uomo e della donna, che si trovano a scontare una pena in carcere, non è sempre facile. Soprattutto quando la tristezza, l’angoscia, la paura per il futuro mettono in ombra e a tacere la forza della speranza.

Dalla preghiera, fatta con la sincerità del cuore, anche la persona che è in carcere fa esperienza viva di un Padre Misericordioso.
Il carcere è un luogo dove le tante voci, i molti gridi vengono messi a tacere, soprattutto la voce dei più deboli. E sono proprio loro che vivono una preghiera più intensa aperta alla fiducia, dove i diversi cammini di conversione fanno risvegliare, nel loro cuore, il desiderio
dell’amico: Dio.
La preghiera fa crescere soprattutto l’umiltà e aiuta colui che ha sbagliato a riconoscere il suo errore, il suo peccato, il male che ha seminato.

La preghiera dà forza e accende la speranza

La cappella in ogni carcere è il luogo dove la fraternità s’incontra. E’ un luogo di mattoni, dove si accende la speranza, dove si è liberi di esprimersi come veri figli di Dio.
Quante volte la preghiera del fratello e della sorella che sono in carcere è ricca di espressioni di amore e di riconoscenza verso Dio che è Misericordia.
I ristretti scrivono lettere ai loro cari, alle loro mogli, ai figli, ai genitori, per sentirli più vicini e, molte volte, i loro pensieri li rivolgono a Dio allo stesso modo. E scrivono sul libro “della loro vita” questi pensieri di fede di cui ve ne riporto alcuni ricevuti da qualche cappellano.

“O Dio, dammi il coraggio di chiamarti Padre, tu non ti sei dimenticato di me, anche se spesso vivo lontano dalla luce del tuo volto”.
“Signore, fatti sentire vicino, nonostante il mio peccato, segreto o pubblico che sia, dammi la pace interiore, quella che solo Tu puoi dare”.
“Perdona le mie colpe, donami la grazia della conversione del cuore e fammi sperimentare che solo l’amore dà vita, mentre l’odio la distrugge”.

Con queste espressioni, anche noi vogliamo custodire nei nostri cuori, una profonda preghiera per coloro che vivono tra le mura delle nostre carceri, affinché il Signore tocchi la loro vita e faccia rinascere in loro la piena libertà.

 

Raffaele Grimaldi
Ispettore generale dei cappellani nelle carceri italiane