A portare la loro testimonianza, il 3 ottobre, davanti al Papa e a migliaia di persone provenienti da diocesi, associazioni e movimenti, saranno tre coppie: Sara e Juan, fidanzati di Alghero, Stefano e Lorena Girardi, di Trento, Francesco e Lucia Masi, di Pisa. Così la voce delle famiglie arriverà sino ai padri sinodali
Manca meno di un mese alla Veglia di preghiera per il Sinodo sulla famiglia, organizzata dalla Chiesa italiana, tramite l’Ufficio nazionale per la pastorale familiare, alla vigilia della fase conclusiva dei lavori. A portare la loro testimonianza, il 3 ottobre in piazza san Pietro, davanti al Papa e a migliaia di persone provenienti da diocesi, associazioni e movimenti, saranno tre coppie: Sara Ledda e Juan Luis Giròn Pons, fidanzati di Alghero, Stefano e Lorena Girardi, di Trento, e Francesco e Lucia Masi, di Pisa. Diamo loro la parola.
Come due pugili che non mollano. Tra poco partiranno per Cuba. Sara conoscerà la famiglia di Juan, che non torna nella sua terra da 12 anni. Insieme a nonna Justina, che l’ha cresciuto, ci sarà anche il Papa nell’isola caraibica, per il suo già storico viaggio. Ma sarà solo un antipasto di quello Sara, 20 anni, e Juan, 24 anni, avranno la gioia di vivere al ritorno da Cuba, quando prenderanno la parola per primi davanti a Papa Francesco. “Ci siamo conosciuti tramite un’amicizia in comune cinque anni fa, qualche foto e subito il suo sguardo mi ha colpito”, racconta Juan: “Avere il suo numero di cellulare è stata un’impresa”. Poi arriva un sabato di maggio, ad Alghero: “ Avevo lo stomaco come quello di una formica, ma poi tutto è stato bellissimo, di un sapore diverso, lo stesso sapore che ci unisce da cinque anni con mille difficoltà, mille ostacoli e mille gioie”. “Noi siamo come due pugili: non molliamo mai dopo tanta fatica, tanto allenamento, tante sconfitte e tante vittorie”, assicura Juan. “Andando avanti – gli fa eco lei – il gioco si è fatto più duro. Il fatto di avere caratteri forti, orgogliosi e testardi come siamo, in un primo momento si è rivelato essere un limite, in seguito la nostra forza. È come togliere degli occhiali rosa che ti facevano vedere solo il positivo, all’inizio rivorresti quegli occhiali rosa per vedere nuovamente tutto perfetto e iniziano le discussioni perché quei difetti sembrano ostacoli insuperabili. Poi capisci che non sono ostacoli insuperabili ma gradini che, se riesci a salire, ti regalano un panorama stupendo che supera di gran lunga la visuale offerta dagli occhiali rosa. Come diciamo sempre, è come se ci fossimo fidanzati un’altra volta il giorno che abbiamo deciso di salire insieme quei gradini”.
Il “progetto di coppia” dei figli. Lorena insegna italiano alla scuola elementare, Stefano è cartografo del Catasto provinciale. Sono sposati da 24 anni e hanno 4 figli: Emanuele, Martina, Luca, Francesca. Vivono a Ravina, una frazione del Comune di Trento e sono responsabili della pastorale familiare della diocesi. Ma tutto è cominciato nella gioventù francescana, dove si sono conosciuti: sono ancora “in marcia”, come quella volta verso Assisi, e Francesco per loro è un nome dal sapore particolare. Ci tengono a raccontare la loro esperienza di famiglia non come una “bella carriera”, ma all’insegna della normalità, per definizione sempre imperfetta. Non saranno soli: a presentare la sua testimonianza al Papa ci sarà anche una dei loro quattro figli, Martina, 21 anni. Per lei c’è un “progetto di coppia” con Sandro”, 25 anni, che sta crescendo sempre di più. Lo racconteranno, insieme al Papa. “Non sono le situazioni della vita che ci rendono più o meno cristiani, ma le scelte che facciamo in queste situazioni”, dicono Stefano e Lorena: “Questo ci ha insegnato e ci insegna la nostra vita matrimoniale e questo è ciò che vorremmo che i nostri figli imparassero da noi: anche se le strade che intraprenderanno dovessero essere molto diverse da quello che pensavamo per loro, la cosa più importante è un atteggiamento positivo e di speranza verso la vita”.
Le paste al cioccolato. “Ci siamo visti quando avevamo entrambi 14 anni, anzi io ho notato Francesco un sabato in palestra, mentre giocava a basket. Ricordo che era sabato pomeriggio e di solito a sera mi faceva il bagno ancora la mamma. Quella sera, per la prima volta, ho voluto lavarmi da sola. Ho avuto consapevolezza che il mio corpo era già destinato, vocato, ad una vita adulta. Solo più tardi, entrambi abbiamo ricordato che sua nonna e mia zia ci portavano a Messa insieme, nella stessa parrocchia, tutte le sere e, al ritorno, ci compravano una pasta nella pasticceria del quartiere ed era sempre, per tutti e due, una pasta al cioccolato”. A Lucia brillano gli occhi, quando pensa agli inizi del suo lungo percorso di vita con Francesco, al fidanzamento e poi al matrimonio che ha regalato loro cinque figli. Oggi Lucia sta combattendo con la malattia, che però “ci ha avvicinato, ci ha reso più complici”, assicura: “Anche fisicamente e visibilmente siamo sempre insieme, una sulla sedia a rotelle, l’altro che spinge… La necessità di pregare insieme si è fatta più pressante e ci ha aperto a una confidenza e a una comprensione più grande. A volte leggiamo nello sguardo di chi ci incontra una compassione, noi diciamo lo sguardo del ‘poverini’, ma noi non ci sentiamo né siamo poverini: non ci siamo mai sentiti abbandonati da Dio, non amati. Anzi, misteriosamente, ci sentiamo privilegiati, preferiti, accompagnati”. Non gli chiediamo di anticiparci cosa diranno al Papa, ma Francesco e Lucia ci rispondono indirettamente con il loro racconto: “Il matrimonio vissuto con Cristo, costruito ogni giorno sulla nostra debolezza, sui nostri peccati, sulle crisi, sui litigi, sulle gioie, sulle difficoltà di ogni tipo, ha rivelato a tutta la nostra famiglia una forza invincibile. Abbiamo fatto i nostri casini, sono volati piatti e un giorno anche ombrelli, ma ci siamo ricordati sempre dove poter ritrovare pace e sereno”.
M. Michela Nicolais