Natale è alle porte. L’aria frizzante del mite inverno acese, evoca in me il ricordo di quando ero bambino e passeggiavo per andare a comprare i pastorelli per ultimare il presepe. Sì, che bello! Preparare il presepe era un momento di famiglia. Odore di muschio, di mandarini e le musiche di Natale come sottofondo. Di giorno in giorno i pastori assumevano posti diversi.
Oggi avverto che qualcosa è cambiata. Le persone corrono freneticamente verso le nuove cattedrali: i centri commerciali. Le luci e le musiche natalizie, provenienti da Oltreoceano, come echi di sirene, ammaliano in nome dello spirito del consumismo e conducono le persone ad infrangersi nelle scogliere del superfluo. Ricordo quella volta che vidi un bambino fare i capricci in mezzo la strada, gridando alla madre la lista dei regali da presentare a babbo natale. Il bambino poteva avere non più di 10 anni e chiedeva: giochi per la console avuta lo scorso anno, una mini moto, ecc. La lista era davvero lunga; erano talmente tante le cose desiderate ed era talmente urtante la maniera in cui esprimeva la richiesta che ricordo solo i primi due. Intanto io mi avvicinai a lui e gli chiesi:
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- Che senso ha il Natale, per te?
- Rispose: io aspetto il Natale perché viene Babbo Natale.
- Io: e Gesù bambino?
- Lui: Chi? Il Natale è come un secondo compleanno in cui Babbo Natale mi porta tanti regali.
Non nascondo che rimasi alquanto basito. Per giorni mi ripetevo: che fine ha fatto lo spirito del Poverello di Betlemme, l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Che fine ha fatto Dio? Forse l’abbiamo espatriato perché forestiero indesiderato; forse abbiamo applicato il decreto sicurezza perché è un immigrato che contagia con la Sua Parola di fede, speranza, carità, fraternità, comunione, condivisione, tutte cose che insidiano la cultura dominante che trova nell’egoismo il suo punto di forza. L’inequità sociale che palesemente vediamo non è frutto del fato, essa è prodotta dall’egoismo di quanti pensano ad accumulare, pensano solo a se stessi.
Siamo alle porte del Natale. Forse è giunto il momento di fermarsi a riflettere. Mettiamoci in preghiera, lasciamo che lo spirito del vero Natale rinfranchi le stanche membra sfiancate della corsa spasmodica alle cose. Lasciamo che i nostri cuori si riaccendano per l’essenziale, che palpitino per Gesù: il Dio-con-noi che è venuto ad insegnare la condivisione, il perdono, liberandoci dalla schiavitù dell’egoismo. Questo Natale, mentre festeggiamo la natività del bambinello e scartiamo i regali, ricordiamoci di quei fratelli che sono privi dell’essenziale: condividiamo qualcosa, sia anche il nostro tempo. Quest’anno regaliamo un po’ di attenzione. Non uccidiamo la solidarietà.
don Orazio Giuseppe Tornabene
direttore Caritas diocesana