Via D’Amelio 1992-2015 / Borsellino e il dovere della buona memoria

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Gli agenti Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina; il borsellinogiudice Paolo Borsellino. “Servitori dello Stato”, si sarebbe detto un tempo, in realtà italiani al servizio del popolo italiano, schierati dalla parte della legge e per questo uccisi dalla mafia con una bomba esplosa in via D’Amelio il 19 luglio 1992 a Palermo. Una strage che seguiva di pochi mesi quella – analoga per motivazioni e per ferocia – del 23 maggio, a Capaci, dove avevano perso la vita gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, il magistrato Giovanni Falcone (amico e collega di Borsellino) e la moglie Francesca Morvillo.
Palermo ha ricordato nel fine settimana quel drammatico 19 luglio: il Presidente della Repubblica Mattarella si è recato nel capoluogo siciliano per una visita ufficiale. I presenti alla commemorazione di piazza, a sventolare l’agendina rossa emblema dell’attentato a Borsellino (il magistrato annotava i suoi appunti su un’agenda, sparita contestualmente alla strage), erano però pochi: qualche centinaio di persone.
Il tempo, si potrebbe obiettare, tende a diluire il dolore, a smorzare i turbamenti. Forse a estinguere la memoria di Borsellino e Falcone, persino a isolare chi ne ha raccolto l’eredità. Ebbene, questo è esattamente ciò che si augurano Cosa nostra, tutti i malavitosi, tutti i corresponsabili di questa e di altre stragi, di ogni violenza che ha insanguinato l’Italia nell’ultimo mezzo secolo, di ogni sporco traffico che arricchisce gli affari demoniaci delle mafie e che, allo stesso tempo, mette in ginocchio intere aree del Paese dove regna l’anti-Stato violento del crimine organizzato.
Ecco perché resta un dovere irrinunciabile ricordare le stragi di Capaci e di Palermo, il sacrificio di queste donne e di questi uomini, accanto a centinaia di altri che hanno dato la vita per questa nuova Resistenza, per questa rinnovata sfida della legge e della democrazia contro il sopruso mafioso.
La “buona memoria” è un antidoto al prevalere della paura e della violenza, ed è un caposaldo del futuro del Paese al pari della Costituzione e di ciò che essa rappresenta.

Editoriale AgenSir

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