Violenza / Quell'”Eravamo 100 cento cani su una gatta” che ha sconvolto a Palermo

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Free public domain CC0 photo.

”Cento cani su una gatta”, le parole pronunciate durante una violenza carnale subita a Palermo da una ragazza da parte di 7 ragazzi.

Particolari ormai purtroppo noti, quelli emersi da quella serata tra il 6 e il 7 luglio, a Palermo. 7 ragazzi tra i 17 e i 22 anni hanno picchiato e violentato in gruppo una giovane 19enne. L’abuso sessuale si è verificato in un cantiere abbandonato nei pressi del Foro Italico, poco distante dal centro cittadino e dalla zona della Vucciria. Stando a quanto reso noto dalle indagini, durante l’aggressione la giovane avrebbe chiesto, invano, ripetutamente ai 7 di smettere a causa del dolore e di chiamare un’ambulanza. Per stessa ammissione degli aggressori, la 19enne si sarebbe sentita male più volte, svenendo anche durante l’abuso.

Violenza a Palermo / “Eravamo cento cani su una gatta”

Oltre alla denuncia della giovane e ai referti medici, ci sono anche gli smartphone di alcuni del gruppo che hanno confermato ulteriori elementi utili all’indagine. I giovani, subito dopo l’accaduto, non sembravano provare alcun rimorso, al contrario, si sarebbero scambiati sms alquanto inquietanti: ”Lei non voleva, faceva “no, basta”, le faceva male”. ”Vi immaginate se spuntiamo al telegiornale? Se succede mi ammazzo”.

Una delle frasi shock riportate dalle indagine è stata quella di un accusato, ai tempi della violenza minorenne: “Lo schifo mi viene, perché eravamo ti giuro cento cani sopra una gatta, una cosa di questa l’avevo vista solo nei video porno. Eravamo troppi. Sinceramente mi sono schifato un poco ma però che dovevo fare? La carne è carne”.

Secondo quanto riferito dal giudice per le indagini preliminari, nelle chat si percepisce la consapevolezza dell’atto violento e dell’effettuazione dei rapporti sessuali in modo aggressivo e brutale, che hanno causato gravi danni alla ragazza. I 7 non hanno risparmiato osservazioni maschiliste, sostenendo che, nonostante le sue urla di dolore, la ragazza fosse in realtà ‘eccitata’. Il giorno successivo all’aggressione, il conoscente della ragazza, che aveva filmato l’atto di violenza con il suo cellulare, è stato avvisato di una possibile denuncia da parte della vittima. L’indagato ha risposto: “Infatti, li sto cancellando tutti i video. Li sto inviando solo a chi dovevo e poi li elimino. Non voglio avere nulla a che fare con questa situazione”.

Violenza a Palermo / Le conseguenze e le possibili soluzioni

Nel corso degli interrogatori non sono mancate lacrime, accuse reciproche e il dettaglio che la vittima fosse consenziente. Accuse subito smentite da parte delle autorità e dalle telecamere di sorveglianza presenti nel centro storico che mostrano la vittima sofferente. Accusa smentita anche dal video scoperto nel telefono di uno dei 7. Il video mostrava la violenza e i commenti dei 7 che sapevano cosa stava accadendo. Gli inquirenti notano la tanta violenza usata dai ragazzi per far rimanere la vittima ferma. Si vede la vittima reggersi con difficoltà in piedi, stordita.  ”La trattengono al solo scopo di portare avanti gli atti sessuali, quando pare accasciarsi in avanti viene prontamente afferrata dai fianchi. Viene accerchiata, girata, afferrata con forza per i capelli”– scrive il giudice per le indagini preliminari.

I sette colpevoli sono in questo momento nel carcere Pagliarelli di Palermo ma sarebbero arrivate minacce dagli altri detenuti. A lanciare l’allarme è la direzione stessa del penitenziario, che chiede l’immediato allontanamento dei ragazzi per prevenire possibili azioni destabilizzanti per l’ordine e la loro sicurezza.

Non mancano nemmeno minacce fuori dal carcere. L’intera popolazione risulta indignata e si dice persino favorevole a delle “soluzioni permanenti” contro i 7. Tra questi, il Ministro Matteo Salvini rilancia l’idea di introdurre la castrazione chimica come possibile forma di punizione per gli autori di tali atti. Purtroppo non mancano neanche le accuse contro la vittima, sostenendo che fosse troppo ubriaca o addirittura chi accusa di essersela cercata. La ragazza dicendosi stanca di sentire accuse e giudizi contro povere vittime come lei. Non sono mancati, infatti, in passato episodi di suicidio da parte delle vittime stesse, esasperato dal sentirsi addirittura colpevolizzate.

Oggi, l’Italia, ma non solo, deve riuscire non solo a cambiare e mostrare più sostegno verso le vittime ma, al di là di un comprensibile disgusto e della rabbia contro i carnefici, diventa necessario attuare adeguate misure di prevenzione culturale, prima che di giustizia. L’educazione, da parte di tutte le sedi e le comunità responsabili, a partire da scuola e famiglia, diventa fondamentale, in quanto vera e propria emergenza.

Chiara Iannizzotto

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