Nella “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne” abbiamo raccolto la testimonianza di una giovane imprenditrice che, umiliata, spogliata dal marito di quanto aveva realizzato insieme con lui e per la sua azienda, aggredita in presenza del figlio, si sta rimettendo in gioco con coraggio e determinazione.
Ginevra (così l’abbiamo chiamata per proteggerla), con la sua testimonianza, è un esempio che può aiutare molte altre donne – vittime e la società intera a riflettere sulla condizione femminile. Sul ruolo che loro rivestono nella Chiesa e nella società, sui diritti violati, sulle libertà negate e sulle strumentalizzazioni attuate in ogni sede.
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Ci racconti di sé e del suo lavoro
“Per parecchi anni ho lavorato in azienda con mio marito, portando avanti quelle che sono le realtà produttive siciliane in diversi settori. Ero (e sono perché non ho intenzione di mollare) una donna che prende aerei per incontrare imprenditori e conoscere aziende. Che si organizza e sacrifica sé stessa senza trascurare mai la famiglia, per realizzare il sogno della completa autonomia”.
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Un’attività che può definirsi frenetica…
“Ci sono donne che riescono a gestire contemporaneamente diverse cose, come accompagnare il figlio la mattina a scuola, lavorare in ufficio ed organizzare la giornata, trovare sponsor, coinvolgere aziende nazionali e internazionali, fissare appuntamenti pure fuori sede. Insomma, gestire contemporaneamente un’infinità di cose che magari altri, anche uomini, non riescono a fare. Io sono fra quelle”.
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Se dovesse fare una riflessione, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne?
“Le donne non solo portano la vita, ma trasmettono la capacità di vedere oltre, esse sono il volto e il cuore dell’umanità, ci fanno capire il mondo con occhi diversi. Sono milioni le donne professioniste, docenti, casalinghe, lavoratrici dipendenti, imprenditrici, religiose, madri, nonne e ragazze. Donne consapevoli, che badano all’essenziale e a ciò che è bello”.
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Cosa le è successo? Perché vuole testimoniare?
“Quando una donna riesce a fare tante cose e l’ex marito si rende conto che lei è più in gamba di lui, a volte, invece di apprezzare, rischia di invidiarla. Ecco cosa è successo a me: un bel giorno, rientro da un viaggio e mi presento in azienda per iniziare la mia giornata di lavoro, come ho sempre fatto; l’ex marito mi chiama nella sua stanza per togliermi le chiavi dell’ufficio, cambiare la password nella e-mail aziendale, togliermi il portafoglio clienti e privarmi degli effetti personali; mi alza persino le mani di fronte a una dipendente che resta di stucco; ma, soprattutto, la scena più agghiacciante è la violenza usata di fronte a nostro figlio di 15 anni, che (non) capisce ed inveisce contro di me. Quest’ultima per me è stata la più grande umiliazione”.
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Come l’ha presa e quali le conseguenze?
“Così il mio marito, senza un perché valido, senza aver fatto io nulla di male, dopo anni di intenso lavoro e avere procurato diverse centinaia di clienti di rilievo e chiuso importanti contratti, dopo anni di sacrifici a dividermi tra lavoro, voli aerei, organizzarmi per seguire il figlio a scuola anche durante la mia assenza, mi ritrovo sbattuta fuori dall’ufficio e dall’azienda, senza un’identità imprenditoriale, senza un lavoro, umiliata senza avere fatto alcunché per meritarmi tanto”.
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Un suo commento utile e livello generale?
“Lo stalking è una forma di violenza che colpisce soprattutto le donne e che purtroppo ancora oggi persiste. Questi comportamenti causano un grave disagio perché chi subisce vive un perdurante e grave stato di ansia e paura. Poichè è costretta anche a cambiare le proprie abitudini di vita”.
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Secondo lei, cosa si può fare per contrastare questi fenomeni di violenza e ingiustizia?
“Secondo l’art. 612 bis del Codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta. Di fronte a tali situazioni, però, bisognerebbe fare di più, tutelando in questi casi le donne che si ritrovano senza un lavoro. Dando loro prontamente supporto economico, morale e psicologico, considerando che non tutte le donne sono capaci di denunciare. O per paura o per proteggere i figli o anche solo per l’impossibilità di affrontare le relative spese legali”.
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Che dice delle Giornate come questa? Bastano?
“Sono utili, certamente. Ma l’azione della società e dello Stato deve essere continua. Anche quella dell’8 Marzo è un’occasione per porre attenzione alle donne, alla necessità della loro presenza nella vita. Una data e una celebrazione che ogni anno ricordano come ci sia ancora da fare per garantire i diritti in molte parti del mondo dove ci sono donne, anche giovanissime, che continuano ad avere poche opportunità, a lavorare di più e a guadagnare di meno, ad assumersi il peso del lavoro domestico ed assistenziale non retribuito, a essere vittime di varie forme di violenza in casa e negli ambiti pubblici. Insomma, bisogna fare di più! Bisogna agire!”.
Giusy Giacone